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TORRAZZA. Delitto Caccia: il legale, da Antimafia spinta a magistrati

TORRAZZA. Delitto Caccia: il legale, da Antimafia spinta a magistrati

Bruno Caccia

Mi auguro che la sensibilità dimostrata dalla Commissione Antimafia possa dare una spinta affinchè vengano ascoltati i figli del magistrato Bruno Caccia e i suoi colleghi dell'epoca". A dirlo è l'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia del magistrato ucciso a Torino nel 1983, ascoltato oggi, con la figlia di Caccia, Paola, in Commissione Antimafia. "Mi auguro che questa sensibilità possa dare un seguito di contaminazione in positivo agli organi giudiziari per ricostruire la verità sul delitto Caccia e non lasciarlo come una nebulosa a distanza da quasi 34 anni", ha proseguito il legale. Per Repici, "basta leggere in controluce le carte per capire che alcune cose possono essere ricostruite e non si è voluto finora farlo. Alcuni magistrati, in alcune pubblicazioni, hanno smentito le ricostruzioni ufficiali del processo a Domenico Belfiore. Ci sono numerosi elementi che possono essere accertati ma fino ad oggi è mancata la volontà di farlo: spero che l'audizione di oggi da parte dell'Antimafia possa dare una spinta in tal senso". Secondo il legale, l'omicidio di Bruno Caccia "ha sconvolto gli equilibri giudiziari e di risposta al crimine agli anni 80. Con quell'omicidio è data forzatamente una svolta in basso alle indagini sui casinò, si è chiusa definitivamente una fase di accertamenti su rapporti tra magistratura e criminalità organizzata, settore sul quale Caccia aveva messo il dito e si sono rifatti gli equilibri nella città di Torino: Caccia era un corpo estraneo per la sua adamantina coerenza, per questo è stato espulso con la violenza e a seguito della sua eliminazione si è dato un basso profilo alla risposta giudiziaria al crimine". Il magistrato insomma, era andato troppo a fondo "su versanti che non andavano lambiti e su collusioni di alto livello con la criminalità organizzata".
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