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21 Dicembre 2016 - 11:53
Processo Olivetti. Il giudice Elena Stoppini, nella sentenza del luglio scorso, non ha riconosciuto una provvisionale (cioè dei soldi) all’amministrazione comunale costituitasi parte civile.
Da qui i dubbi, espressi dal sindaco in un recente consiglio comunale.
“Non so se è il caso di costituirci in appello. Stiamo cercando di capire che cosa farà la Città Metropolitana. Gli avvocati costano”, aveva più o meno bisbigliato, quasi sussurrato, facendo cascare le braccia a quanti, in questo processo, ci vedono qualcosa di più di una semplice causa legale, diciamo un messaggio da tramandare ai posteri. Messaggio che non può certo essere una giustificazione per i “morti” e gli “ammalati” prodotti da un’azienda che a questa città - ed è vero - ha donato un passato di fasti, agi e ricchezze, talmente profondi da non essersi più riuscita a riprendersi.
Nei giorni scorsi la nebbia è sparita. Fiato alle trombe, rullo di tamburi, il Comune si costituirà “parte civile” anche nel processo di appello facendo leva su quel “turbamento prodotto nella comunità dai fatti illeciti commessi dagli imputati” che giust’appunto compare a caratteri cubitali sulla sentenza di primo grado.
Ad occuparsene sarà l’avvocato Giulio Calosso del foro di Torino per un compenso indicato nel provvedimento firmato dal direttore generale del Comune Daniela Giordano pari a 8.200 euro.
In primo grado, il Comune aveva chiesto la bellezza di 600mila euro. A parere del giudice un po’ troppi anche perchè c’è da dimostrare che il danno si sia concretamente verificato e cioè che “in dipendenza e per effetto di specifici fatti di reato sia stato compromesso il prestigio e la considerazione di cui l’Ente gode nei rapporti coi terzi....”.
Purtroppo “....Di tale effettiva (e non solo potenziale) lesione non è emersa prova alcuna in giudizio”.
In Appello hanno ovviamente fatto ricorso tutti e 13 gli imputati condannati in primo grado, tra cui Carlo e Franco Debenedetti: entrambi 5 anni e due mesi.
E mentre si attende la fissazione dell’udienza, la Procura di Ivrea continua il suo lavoro per chiudere il fascicolo “Olivetti Bis” con dodici persone decedute (una il 7 dicembre scorso) e tre gravemente malate di mesotelioma pleurico.
Tra i 18 indagati figurano nuovamente Carlo e Franco De Benedetti, l’ex ministro Corrado Passera e Roberto Colaninno, assolto in primo grado per il solo caso di lesioni per il quale era imputato. E poi nomi nuovi come quello dell’ex deputato Ds Giorgio Panattoni, 79 anni. Le accuse, a vario titolo, sono di omicidio e lesioni colpose in concorso. Le indagini si chiuderanno ad aprile del prossimo anno.
In queste inchiesta, sarebbero pochissimi i casi di persone ammalatesi per colpa del talco contaminato con tremolite.
Per lo più si tratterebbe di persone vissute a contatto con l’amianto contenuto nelle strutture dei capannoni e degli uffici. La Procura è certa che fino al 1987 l’Olivetti non abbia compiuto nessun monitoraggio sulla pericolosità dell’amianto. E neppure avrebbe tenuto conto del rischio del rilascio di fibre dovute al degrado e al danneggiamento occasionale degli intonaci.
Si chiamava Mario Botticchio. Aveva 75 anni e abitava a Pavone. E’ morto lo scorso 7 dicembre, dopo un incubo durato quattro anni. Il suo nome compare tra le quindici vittime dell’inchiesta Olivetti bis.
Perchè Botticchio nell’Olivetti ci ha lavorato e pure tanto, dal 1960 al 1981, prima sui torni automatici dell’Officina A, poi alle manutenzioni. Di professione idraulico, trascorse gran parte delle sue giornate nei cunicoli Mariotti dove le condutture erano ricoperte di amianto.
“Nessuno gli disse mai di mettersi una mascherina”, ha raccontato ai giudici la moglie Rosella Nicoletti.
“Solo quando i giornali e le tv hanno cominciato a dar spazio alle morti di amianto in Olivetti - ricorda ancora la moglie - mio marito ha collegato quella polvere bianca e sottilissima che spesso ricopriva i cunicoli. Ha capito subito di essersi ammalato sullavoro, ma non ha mai puntato l’indice contro l’azienda”.
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