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30 Novembre 2016 - 11:58
Rocco Schirripa
Non ha potuto mettere neanche un piede fuori dal carcere milanese di Opera, Rocco Schirripa, il 64enne accusato di essere uno degli esecutori dell'omicidio del 1983 del procuratore di Torino Bruno Caccia e al centro di un 'pasticcio' giudiziario nato per via di una svista: scarcerato dalla Corte d'Assise di Milano Schirripa è stato in contemporanea fermato da quella stessa Procura che, causa un proprio errore, era stata costretta a chiedere la revoca della misura cautelare. Una svista che ha portato la Dda a non accorgersi che una precedente indagine a carico del presunto assassino era già stata archiviata ed ad avviare una nuova inchiesta senza riaprire quella vecchia, generando così un "vizio di forma irrimediabile". Tanto da spingere anche l'Ispettorato del ministero della Giustizia, su richiesta del ministro Andrea Orlando, ad avviare accertamenti preliminari in merito all'iter procedurale e alle misure adottate nei confronti di Schirripa.
Si è trattato di un errore a cui gli inquirenti, dopo aver chiesto sabato scorso la scarcerazione dell'uomo, hanno voluto porre rimedio nel giro di poche ore, ma che in ogni caso domani porterà a chiudere il processo, iniziato quasi cinque mesi fa, nel quale il presunto killer, arrestato circa un anno fa, è ancora formalmente imputato. Dato che le prove raccolte a partire dal 25 novembre dell'anno scorso, giorno in cui Schirripa è stato iscritto nel registro degli indagati, sono inutilizzabili, ai giudici non resterà, infatti, che dichiarare l'improcedibilità e seppellire il dibattimento.
E tutto ciò mentre il gip Stefania Pepe, lo stesso che lo scorso dicembre aveva firmato l'ordine di arresto, su richiesta del pm Marcello Tatangelo, ha nel frattempo riaperto le indagini (quel passaggio obbligato che i pm dovevano richiedere più di un anno fa) nelle quali sono confluiti gli atti istruttori precedenti all'iscrizione nel registro degli indagati del panettiere di origini calabresi. Sarà sempre il giudice Pepe, poi, a dover valutare la richiesta di convalida del fermo per gravi indizi e pericolo di fuga e la contestuale richiesta 'bis' di custodia cautelare in carcere che la Procura depositerà forse già domani. E' stato risolto così, quindi, il 'pastrocchio' del processo per l'assassinio del procuratore Caccia, non senza il disappunto della difesa che domani in Assise (come nelle scorse udienze dovrebbe essere presente anche Schirripa) ha intenzione di sollevare una serie di questioni. "Siamo pronti a discutere - ha detto l'avvocato Mauro Anetrini, difensore con il collega Basilio Foti - per rendere chiaro che le prove illegittime non sono prove e non valgono nulla". Per la Procura, invece, una parte importante delle prove raccolte è rimasta in vita, malgrado il vizio procedurale.
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