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19 Novembre 2016 - 08:24
N
on c’è pace per la politica venariese. Se la maggioranza è alle prese con la vicenda giudiziaria legata ai vertici della polizia municipale, la minoranza non dorme di certo sonni tranquilli.
Specie dopo che la settimana scorsa è arrivata la condanna civile in primo grado per l’ex presidente della Gesin - la società che si occupa della gestione dei parcheggi a pagamento della Reale - Antonio Tinozzi nel processo che da mesi si stava svolgendo nelle aule del tribunale di Torino.
Il giudice della quinta sezione civile del Lavoro, Lucia Mancinelli - dopo aver ascoltato diversi testimoni, fra cui il comandante della municipale Luca Vivalda e il suo vice Mario Pace - ha condannato Tinozzi a 5mila euro di risarcimento danni e al pagamento - assieme a Gesin - di 5mila euro di spese processuali per le “avance” fatte a Sonia Mancuso, una dipendente della società partecipata municipale.
La vicenda di Tinozzi - capolista alle amministrative del 2015 con la civica “L’Altra Sinistra per Venaria” - era iniziata nel marzo del 2014, quasi due anni dopo aver preso le redini dell’azienda, nominato dall’allora sindaco Giuseppe Catania.
Con il passare dei mesi, il rapporto fra il dirigente e la dipendente - che era una delle responsabili operative della società - è diventato molto tormentato, almeno stante il racconto fatto dalla stessa Mancuso agli inquirenti, con quest’ultima che ha dichiarato di aver ricevuto “apprezzamenti, avances esplicite e battute anche pesanti”.
Poi il processo e la condanna per Tinozzi dal punto di vista civile. “La mia assistita - spiega l’avvocato Paolo Berti - ha dovuto sopportare di tutto. Siamo soddisfatti di questa sentenza, perché la condotta da parte del suo superiore è stata a dir poco sgradevole”.
Ma la battaglia non finisce qui. Perché l’avvocato Elena Montanaro, legale difensore di Tinozzi, ha già preannunciato il ricorso: “anche se aspetteremo di sapere le motivazioni di questa sentenza. Per tutto il dibattimento abbiamo sostenuto l’esatto opposto e questa sentenza ci ha a dir poco spiazzati. Le prove sono molto deboli e le parole. Le avance e le parole pesanti? Posto che le abbia realmente dette, sono parole che non possono ledere nessuno, men che meno la dignità della dipendente”.
Tinozzi, poi, si dovrà preparare al processo in sede penale, dopo la denuncia della stessa Mancuso e di un’altra dipendente nei riguardi suoi e di altre quattro dipendenti di Gesin per calunnia, diffamazione e violazione della privacy.
Il secondo ramo di indagine - partito dalla polizia municipale e successivamente passato dalla Procura di Ivrea alla Finanza - parte quando quattro dipendenti di Gesin si fanno coraggio e scrivono una lettera al sindaco Catania per denunciare il fatto che la Mancuso ed un’altra collega da tempo “bollassero la cartolina” per poi assentarsi, facendo altro invece di lavorare.
E dopo una serie di controlli, la Mancuso viene sanzionata con lo stop forzato dal lavoro di dieci giorni, con la Gesin che diventa una sorta di “inferno” ma anche di “zimbello”, visto che in città tutti ne parlano. Almeno fino a quando non arriva l’attuale presidente, Luigi Berutti, che fa di tutto pur di far tornare la società ai fasti di un tempo.
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