“Il gruppo appartamento per me è stata una possibilità di crescita, con me ha funzionato, se non fosse per gli 11 mesi di utilizzo probabilmente avrei avuto almeno tre tentativi di suicidio”. Una volontaria dell’associazione settimese +Diritti racconta la sua esperienza diretta in un gruppo appartamento di Chivasso, un momento fondamentale per la sua vita. “Sono stata in un gruppo appartamento da ottobre 2012 a settembre 2013, all'età di 32 anni, a seguito di un forte trauma che avevo avuto- racconta-. Mi è stato consigliato e io ho aspettato con gioia quest'occasione, ho pensato: “finalmente vedo la luce”. Mi hanno messo in un gruppo insieme ad una ragazza che avevo già conosciuto durante il mio percorso di cura, forse l’hanno fatto apposta perché io potevo aiutarla. È stata un’esperienza costruttiva sia per me che per lei, anche se per ognuno è diverso. Ci sono casi, patologie e sintomi diversi, più gravi e meno gravi. Infatti in quegli 11 mesi gli operatori della Cooperativa Valdocco, che stavano con noi solo di giorno, mi trattavano alla pari, ero più autonoma rispetto agli altri. Ci aiutavano a fare la spesa, a cucinare, andavamo al mercato, facevamo attività sportiva. Tendevano a mettere uno più attivo, come me, con uno un po’ meno, per fare un po’ di mutuo aiuto. Era utile per entrambi. Grazie al gruppo appartamento ho ricostruito anche il rapporto con i miei genitori, con cui oggi andiamo d’amore e d’accordo”. La casa, una struttura privata, poteva ospitare da due a sei persone, negli undici mesi in cui è stata lì si sono alternati periodi in cui erano in due, in quattro, in cinque e in sei. Inoltre aveva una certa autonomia economica. “Io fortunatamente avevo un conto e dei risparmi e quindi l’assegno terapeutico che prendevo lo mettevo per la spesa, per la pulizia della casa- continua-. Mi ricordo che eravamo riusciti anche a risparmiare e ad andare in cinque in vacanza ad Alassio. A Natale e nelle festività, inoltre si facevano salire gli utenti del Csm o che stavano a casa e stavamo tutti insieme. Un modo per relazionarsi. Poi già a marzo mi avevano proposto di trovare un appartamento per conto mio, ma subito non mi sono sentita pronta, poi avevo una borsa lavoro e insieme a Enrico Di Croce, dell’Asl To4, sono andata a vedere un appartamento e hanno deciso di farmelo affittare esclusivamente a mio nome”. Il racconto poi prosegue: “Mi sono trasferita a settembre del 2013 e veniva un operatore un’oretta ogni tanto per vedere che filasse tutto liscio. La residenzialità per me è stata utile. Anche se per altre persone ci sarebbe bisogno di progetti più forti. I gruppi appartamento servono perché al suo interno non hai più tu lo stigma di te stesso. Quando hai un disturbo mentale ti senti solo al mondo e tutti pensano alla malattia mentale come a un "ricovero in manicomio", anche i miei genitori, quando in realtà è diverso. Per fortuna, entrando in questi gruppi, scopri di non essere sola. Certo la mia è una storia un po' eccezionale ma queste realtà aiutano sicuramente di più. Mi ricordo la diversità di dire a un'amica o un amico di incontrarsi sotto casa mia in cui dicevo che vivevo con altri ragazzi e ragazze piuttosto di dirli vienimi a prendere in una comunità".
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