“La malattia mentale si può vincere, la vita delle persone può essere migliorata con la conoscenza, senza pregiudizi e con attività concrete finalizzate all’inserimento sociale e lavorativo”. Questo è lo scopo della Crazy Run, la corsa di 300 chilometri a tappe da Verbania a Torino, un progetto del Bandolo Onlus, realizzata dallo psicologo consulente Alberto Taverna dal 10 al 14 ottobre ed inserita nel programma di eventi dell’iniziativa Roba da Matti per sensibilizzare le persone sui problemi di salute mentale, che mercoledì 12 ottobre ha fatto tappa a Settimo Torinese. Taverna, partito da Biella in mattinata, nel tardo pomeriggio, dopo aver fatto tappa a Misobolo, intorno alle 17 è arrivato in via Milano a Settimo Torinese e insieme ad alcuni volontari dell’Atletica Settimese, capitanati dall’instancabile Dino Sportiello, di +Diritti, degli operatori del Centro di Salute Mentale settimese, da comuni cittadini e dalla polizia municipale si sono recati al Csm in via Castiglione. Al centro dell'Asl To4, gestito dalla Cooperativa Ippogrifo, in cui era presente la responsabile Anna Maria Accetta, Taverna ha spiegato lo scopo della Crazy Run e l’importanza di costruire un filo che leghi tra di loro e metta simbolicamente in contatto i centri di salute mentale. “Appena abbiamo deciso di realizzare questa maratona ho pensato subito a Settimo- spiega Taverna-. Mi sembrava un doveroso riconoscimento venire nella città che è stata l’apripista dei centri di salute mentale pubblici e dire grazie per la coerenza e l’impegno di Settimo sul tema. Il Csm settimese è un vero fiore all’occhiello. E, per questo, spero che sarà con noi anche quando decideremo di realizzare la corsa Torino-Gorizia sempre per sensibilizzare le persone sulle malattie mentali”. Dopo il discorso di Taverna è intervenuta l’associazione +Diritti con una rappresentazione teatrale sulla malattia mentale realizzata da Marilena, una volontaria del sodalizio, in cui ha ribadito l’importanza dei servizi di igiene mentale pubblici. “La Legge 180 (Legge Basaglia) è la prima legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici- recita-. La legge stessa voleva anche essere un modo per modernizzare l’impostazione clinica dell’assistenza psichiatrica, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e le necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati anche da strutture territoriali. Non esistono persone normali e non ma donne e uomini con punti di forza e debolezza ed è compito della società fare in modo che ciascuno possa sentirsi libero, nessuno sentirsi solo”. Un tema molto caldo quello della qualità dei servizi e dell'autonomia del paziente per +Diritti che si batte da ormai più di due anni contro la Dgr 30 sul riordino della residenzialità psichiatrica che sembrerebbe voler ricreare strutture simili a dei mini-manicomi evocando scenari che sembravano ormai lontani.
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