Trenta profughi sono “sbarcati” a Montalto. Sono arrivati nella prima metà di settembre. Il parroco, Don Nicola Alfonsi (l’unico sacerdote della Diocesi di Ivrea che, insieme a Don Angelo Bianchi di Castellamonte, ha aderito al progetto) si è recato direttamente al centro accoglienza di Settimo Torinese. Ha visto dove i richiedenti asilo, provenienti dall’Africa, vengono condotti dopo essere approdati sulle sponde della Sicilia o comunque del Meridione. Ha visto le tende, la sofferenza e nonostante tutto la speranza per il futuro, sui loro volti. Li ha attesi a Montalto Dora, ai piedi della Vallèe e ha mostrato loro il luogo in cui verranno ospitati fino a che non arriverà una risposta alla loro richiesta di asilo politico: si tratta della ex casa di riposo, rimessa a nuovo, durante l’estate, grazie al lavoro manuale e volontario del gruppo dei volontari della parrocchia insieme ai ragazzi africani che da mesi già si trovano ospiti della Parrocchia a Settimo Vittone, facendo lavorare artigiani del posto. Ecco come è stata impiegata una parte dei 38 euro al giorno destinati dall’Europa e dallo Stato per l’accoglienza. Al piano terra continuerà a funzionare l’oratorio. Sopra, una sala ricreativa e sopra ancora le stanze, da due o da tre persone. “Sono per le metà musulmani e per metà cristiani - illustra Don Nicola Alfonsi -. Noi li vediamo arrivare qua e ci sembrano tanti ma l’entità dell’ondata migratoria si comprende da dove partono, non dove arrivano. L’impressione è di un mondo comprendente tanti ragazzi, mamme sedicenni, pieni di voglia di poter essere adottati. Qui hanno baciato terra quando sono scesi dal pullman”. Tra loro c’è anche un minorenne di 16anni, somalo, che non parla italiano ma nemmeno inglese o francese. “Abbiamo trovato ragazza che abita a Ivrea per farci da traduttrice, l’abbiamo rivestito, gli abbiamo tagliato i capelli. Era molto magro, aveva un gomito rovinato, lo abbiamo fatto visitare da un ortopedico” aggiunge ancora il parroco. Intanto il progetto ha previsto l’ampliamento della mensa per i bisognosi. Aperta due giorni a settimana (il mercoledì ed il giovedì) per gli italiani, ora funzionerà tutti i giorni, e potrà essere frequentata quindi sia dagli “ospiti” che dalle persone del posto. “La mensa è aperta a tutti - sottolinea Don Nicola - italiani e africani”. Unico esempio in tutta la zona. Nei giorni fissi cucinano come sempre da tre anni a questa parte, due volontari della parrocchia, a turno. Sono Enzo, Alessandro, Daniela, Maurizio. I pasti, nelle altre giornate, sono nelle mani Cheikhou Toure, richiedente asilo ospitato a Settimo Vittone, che è stato assunto qui, a Montalto, come cuoco. Gli è stata messa a disposizione una stanza. Prepara colazione, pranzo e cena, facendosi aiutare da alcuni ragazzi di qui più propensi alla cucina e alla pulizia. “Gli italiani - aggiunge Don Nicola - hanno mostrato di gradire cucina italiana, un po più speziata. Viene servito un piatto unico, in genere riso e pollo o spezzatino, riso con carne o pesce. A colazione la cioccolata, caffè caldo, the, pane e burro, come si usa da noi. A pranzo sempre frutta”. Il momento del pasto diventa occasione stessa per far comprendere ai ragazzi quali sono gli usi, le nostre ricette ma anche le normative igienico-sanitarie, da noi molto rigorose. Parallelamente alle necessità biologica si accostano le attività didattico-culturali. “In questi giorni - spiega Don Nicola - abbiamo cominciato le lezioni di italiano con tre insegnanti. Due ragazzi hanno affrontato un provino per entrare in società di calcio. Stiamo mettendo su gruppo etnico di ballo e canto, scoprendo attitudini e talenti, composto Israel e Adamu, che sono nigeriani e cristiani. E domenica, a messa, c’erano tutti”.
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