C’era anche Antonio Gagliardi, 45 anni, residente a San Giorgio nel gruppo di malviventi che per qualche mese ha tenuto sotto scacco un imprenditore di Pont Canavese, con minacce e richieste di denaro. Lui l’ideatore delle estorsioni. Lui quello che passava le informazioni agli altri componenti della banda. Lui, solo lui. Il suo nome lo ha spifferato Nicodemo Ciccia, 42 anni, finito a sua volta in manette a settembre nell’ambito della stessa operazione, oggi collaboratore di giustizia forte di un passato che lo ha visto ricoprire i gradi più alti della locale di Cuorgnè, al fianco di Giovanni e Bruno Iaria, e per questo imputato anche nell’ambito del processo Minotauro sulla ‘ndrangheta in Piemonte.. Un’inversione di ruoli, verrebbe da dire, considerando che 12 anni fa a collaborare con i magistrati e a fare la spia spiegando intrecci e rapporti tra le famiglie calabresi nell’Eporediese era stato Gagliardi. Sia come sia, Gagliardi è stato l’ultimo dell’organizzazione a finire in carcere. A settembre (non c’è il due senza il tre) oltre a Nicodemo Ciccia, era finito in manette anche l’insospettabile, Donato Macrì, 43 anni, di Rivarolo. Un tipo con una vita e un lavoro normale che ad un certo punto si è lasciato convincere dal miraggio dei soldi facili, fino a interpretare il nuovo ruolo così bene da farsi chiamare "Renato" per richiamare alla mente il Renato Macrì della Locale ‘Ndrangheta di Volpiano e Torino. Infine, nell’indagine coordinata dalla Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Torino e dai pubblici ministero Roberto Sparagna e Ruggero Crupi, anche due giovannissimi incesurati di Rivarolo, D. F. di 24 anni e G. C., 27 anni, che nei giorni scorsi hanno chiesto e ottenuto i domiciliari con l’obbligo di firma perchè la loro posizione è stata ritenuta marginale dagli inguirenti. Tornando all’estorsione, tutto comincia nell’estate del 2012, quando Gagliardi si presenta dall’imprenditore di Pont con la raccomandazione del padre Tonino e viene subito assunto. L’incubo per l’imprenditore comincia quasi in contemporanea, quando in casa viene affrontato da tre rapinatori con il volto mascherato che lo costringono a consegnare 3 mila euro in contanti. Ai carabinieri sin da subito questa cosa puzza un po’, e così danno inizio alle indagini. Intanto, tra luglio e settembre, l’imprenditore comincia a ricevere telefonate minatorie fino all’estorsione vera e propria con la richiesta di 150 mila euro e un appuntamento per la consegna a Genova. L’imprenditore denuncia tutto e a Genova non ci va. Le minacce a questo punto si fanno più pesanti. Si registra anche un attentato incendiario all’auto e al capannone. Il 6 settembre la richiesta di denaro lievita a 200 mila euro. D’accordo con i carabinieri, l’imprenditore, a questo punto, si presenta all’ennesimo appuntamento per la consegna della busta nel parcheggio di un centro commerciale di San Francesco al Campo. Un gioco da ragazzi, per i carabinieri arrestare, tanto per cominciare, Nicodemo Ciccia con ancora la busta dei soldi in mano, Donato Macrì e D. F. di Rivarolo, per poi arrivare agli altri due. Ora la banda dovrà rispondere di “estorsione, rapina e danneggiamento, con l’aggravante dell’uso del metodo mafioso...
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