Non ne ha voluto sapere di aprire quella lettera di scuse. "No, non mi interessa. E non sono qui per un risarcimento. Mia figlia è morta" ha sussurrato poche parole, strette tra i denti, Elisabetta Starvaggi, nel primo pomeriggio di venerdì, nell'aula penale del Tribunale di Ivrea, seduta un paio di banchi dietro Girolamo Di Moro, l'uomo che, il 16 giugno scorso, aveva venduto un'abbondante dose di metadone per dieci euro alla figlia minorenne, Gloria Canato, trovata morta, il giorno dopo, in un magazzino abbandonato alle porte di Settimo Torinese, a pochi metri da un ipermercato. Uccisa, dome dirà l'autopsia, da un cocktail di droghe e farmaci, dopo una notte trascorsa in compagnia di un uomo tossicodipendente di 32 anni, Andrea Quaranta, subito soccorso, trasportato e ricoverato in ospedale. La mamma aveva cercato di tirarla fuori dal quel tunnel, l'aveva indirizzata al Sert, per intraprendere un percorso di disintossicazione ma proprio in quel frangente la studentessa di soli 17 anni avrebbe fatto la conoscenza di Girolamo Di Moro, 43 anni, considerato il pusher, il settimese dal quale Gloria si sarebbe procurata il metadone in quella fatidica sera, condannato alla pena di due anni e tre mesi di reclusione oltre al pagamento, che difficilmente potrà permettersi, di 1600 euro di multa, delle spese processuali e di custodia in carcere, oltre alle spese di costituzione della Starvaggi come parte civile (con l'avvocato Riccardo Magarelli del foro di Torino) quantificate in 1200 euro più accessorie. Infine il giudice Ludovico Morello ha disposto la distruzione del materiale sequestrato durante la perquisizione domiciliare, ad eccetto della somma di denaro, per cui ha stabilito la confisca. Presso l'abitazione dello spacciatore, i militari avevano trovato 4 flaconi, contenenti in totale 400 millilitri di metadone, 0,2 grammi di cocaina, 0,3 di eroina di eroina e 0,2 di marijuana. In aula, Di Moro, tramite il suo avvocato Federico Zinetti, ha scelto il patteggiamento. Si è detto pentito. "Vorrei sottolineare – ha fatto notare Zinetti al giudice – il comportamento del mio assistito che ha sempre tenuto un basso profilo, sta seguendo un percorso riabilitativo, in comunità, vuole uscirne e scontare la sua colpa". Il legale ha cercato di consegnare quella lettera di scuse battuta a macchina "perché fosse ben comprensibile". Alla proposta di condanna, formulata dal difensore e accolta da Morello, il Pm Giuseppe Drammis ha presentato il consenso. Si è opposto invece l'avvocato di parte civile. "Non c'è stata – ha osservato Magarelli – un'intenzione risarcitoria anche se non è questo il fine della costituzione come parte civile e la pena mi sembra incongrua. Di Moro è stato condannato per il reato di omicidio colposo in concorso con il reato doloso di spaccio di droga aggravato per la minore età della vittima.
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