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PAVONE. Marito denuncia: "mia moglie maltrattata in casa di cura"

PAVONE. Marito denuncia: "mia moglie maltrattata in casa di cura"

Aula di tribunale

“Mia moglie è stata maltrattata. A Pavone ha anche rischiato di morire. Denutrita, il viso scavato, le mani scarne, il corpo divorato, è dimagrita a vista d'occhio. Da 60 kg è arrivata a pesarne 40. Non assomiglia più a quella ragazza felice il giorno del nostro matrimonio”. E' uno sfogo denso di rabbia a amarezza quello di Emilio Rivera. Ha presentato più d'una denuncia presso la Procura della Repubblica di Ivrea. Prima per maltrattamenti. Poi per lesioni colpose. Ma tutti i casi sono stati archiviati. Lui non si arrende. Vuol fare giustizia. Vorrebbe che il Tribunale confermasse le accuse che lui ha messo nero su bianco e che, in questi anni, ha inviato a tutti: Procura, Carabinieri, servizi sociali, giornali... Vorrebbe soltanto riaverla a casa, con lui, a Torino, dove invece è solo, da troppo tempo. Da quando la donna, per problemi mentali congeniti, e poi per una depressione sempre più grave, è stata affidata ad un tutore. Dal 14 luglio 2009 Cinzia Abbate è stata ospite di diverse case di cura. Prima a Villa Cristina, a Torino, poi al Castello di Annone (in provincia di Asti) e per finire alla Casa di Campo a Pavone Canavese. Ed è qui che, secondo Rivera, sarebbe stata maltrattata. Ma l'inchiesta, aperta a carico di a due infermieri, ma anche due medici, Giuseppe Cialdella e Cataldo De Palma, quest’ultimo responsabile della struttura, è stata archiviata. Stessa sorte toccata, nel novembre scorso, al procedimento, che si stava celebrando con rito ordinario presso il Tribunale di Ivrea, per lesioni colpose: il giudice Ombretta Vanini ha archiviato il caso per mancanza delle condizioni di procedibilità. Mancava la querela, che Rivera avrebbe dovuto presentare poiché la prognosi risultava inferiore ai sessanta quindi, quindi non si può procedere d'ufficio. Accuse dissolte, quindi, nei confronti di Maria Rizzo di Borgomasino e di Fikreta Husic, 44 anni, origini bosniache e residente a Banchette, difese dagli avvocati Lorenzo Bianco e Claudio D’Alessandro, rispettivamente operatrice socio sanitaria e assistente presso la struttura “Casa di Campo". “La giustizia ce l'ha con me, ma non riesco a capire i motivi – dice Rivera -. So solo che non posso più vivere con mia moglie da quando il tutore del Tribunale mi sta mettendo i bastoni tra le ruote...”. La prima denuncia risale all'11 marzo del 2011, una successiva il 16 maggio. Poi, pochi giorno dopo, è il 30 maggio, Cinzia Abbate viene misteriosamente ritrovata nel cortile della struttura con fratture allo sterno, ad alcune vertebre e agli arti inferiori. Secondo la ricostruzione eseguita dagli investigatori, e poi trascritta nel decreto di citazione a giudizio firmata nei confronti delle due operatrici sanitarie, la paziente era salita sulla sedia che si trovava in camera da letto e una volta aperta la finestra sarebbe precipitata nel vuoto dopo aver perso l’equilibrio. Una ipotesi che il marito di Cinzia Abbate ha sempre rigettato perchè secondo lui non si è trattato di un tentativo di suicidio. L’avvocato di parte civile, Stefania Gatto del Foro di Torino, racconta che la sua assistita, all’epoca, venne trasferita per il ricovero in ospedale a Ivrea qualche giorno dopo i fatti per poi essere dimessa, come dicevamo poco fa, con una prognosi inferiore ai 60 giorni.
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