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RIVAROLO CANAVESE. Omicidio di Vesignano: ucciso da colpo pistola e non sgozzato

Qualcuno gli ha sparato alla nuca. Poi lo ha appoggiato sulla parete di un canale, lasciandolo morire. E ha sparso, tutto attorno, delle banconote fac-simile da cinquanta euro: un messaggio in piena regola, anche se ancora non si sa a chi e perché. Pierpaolo Pomatto, 64 anni, una vita passata a combattere con la legge, è morto così, nelle campagne di Rivarolo Canavese (Torino), in frazione Vesignano. A trovare il cadavere è stato un uomo mentre faceva jogging. I carabinieri della compagnia di Ivrea stanno indagando: a cominciare, naturalmente, dal passato della vittima e dal misterioso segnale dei soldi fasulli. Gli investigatori, coordinati dal pm Ruggero Crupi della procura di Ivrea, non hanno trovato segni di trascinamento del corpo. E nemmeno di pneumatici. L'auto della vittima, una Ford Focus verde, è stata ritrovata in serata parcheggiata nei pressi di un supermercato. Era aperta e aveva le chiavi inserite nel cruscotto. E' possibile che Pomatto sia stato ucciso a bordo del veicolo. Ed è possibile che proprio lì, dove i carabinieri hanno trovato l'auto, abbia incontrato il suo assassino. Le telecamere di sicurezza della zona, le cui immagini sono ora al vaglio dei militari, potrebbero confermarlo. L'ispezione cadaverica effettuata in serata sul cadavere dal medico legale Mario Apostol, incaricato dalla procura di Ivrea, ha rivelato un colpo di pistola alla nuca sotto il cuoio capelluto con foro di uscita alla gola. Pomatto non è stato dunque sgozzato, come era sembrato in un primo momento. Sarà l'autopsia, però, a fornire risultati più precisi e a stabilire con certezza a quando risalga la morte. "Bisognerà aspettare - conferma Crupi - è presto per fare ipotesi certe". Pomatto, abitante a Feletto, un paese della zona, era un volto conosciuto dalle forze dell'ordine dalla fine degli anni Settanta. Il suo dossier racconta di sospetti, arresti e denunce per rapine, truffe ed estorsioni (nel 1996 fu pure coinvolto in un'indagine su furti nelle chiese). Nel 'romanzo criminale' della sua vita compare persino un capitolo sul terrorismo: nel 1984 venne rinviato a giudizio dalla procura di Biella con l'accusa di far parte di una cellula dei "Proletari armati per il comunismo", ma al processo venne assolto. E non risultano nemmeno legami con la criminalità organizzata. Figlio di una agiata famiglia di panettieri, Pomatto - secondo gli investigatori - affiancava le attività illecite a quelle lecite per sopperire alle proprie difficoltà economiche. Nella zona lo conoscevano per la passione per le slot machine, di cui non faceva mistero neanche su Facebook. Amava anche le moto di grossa cilindrata (faceva parte di un gruppo di bikers di Ozegna) e i cani: in casa i carabinieri hanno trovato due esemplari di dogo argentino.

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