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SCARMAGNO. Iniziato il processo per il rogo alla ex Olivetti

SCARMAGNO. Iniziato il processo per il rogo alla ex Olivetti

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Ha preso il via il processo per il rogo del 2013 al capannone C dell'ex Olivetti di Scarmagno. 20 mila metri quadrati vennero bruciati e distrutti. Un'immensa nuvola nera sovrastò il Canavese cancellando una fetta di lunga storia industriale.

Mercoledì scorso si è tenuta la prima udienza, presso il Tribunale di Ivrea. Alla sbarra, con l’accusa di incendio colposo in concorso, ci sono sette persone: Emanuele Giampaolo, 29 anni, difeso dall'avvocato Danilo Armanni, insieme al collega Luca Blessent, 20 anni, difeso dall'avvocato Giuliano Arimondo, ovvero i due operai della Omg di Valperga (la ditta subappaltatrice della manutenzione per conto della Manutencop Facility Management) che quel giorno stavano eseguendo lavori ad un cannello a gas ai lucernari sul tetto dello stabilimento; il loro datore di lavoro Bruno Guglielmetti difeso dagli avvocati Arimondo e Pio Coda, 63 anni, titolare della Omg; Luca Barengo, Rosario D’Addio, Domenico Voiglio, responsabili Manutencoop e Domenico Pellegrini, ex amministratore delegato di Celltel. Oltre una trentina i testimoni, otto le parti civili.

Secondo la Procura, in base alle indagini condotte dall'allora sostituto procuratore Lorenzo Boscagli, ora alla Procura di Prato, il rogo sarebbe partito a causa di alcune azioni maldestre dei due operai durante i lavori di manutenzione ai lucernari, e si sarebbe propagato dall'alto verso il basso. A fuoco la sede della ex CellTel, oggi Telis, con Innovis e Wirelab per un totale di 500 dipendenti. Gli esperti hanno analizzato le cause analoghe del rogo del Duomo di Torino in cui era custodita la Sindone. L'incendio sarebbe stato provocato dall'utilizzo discutibile di un cannello a gpl a fiamma libera che doveva servire per applicare, a caldo, una guaina catramata su una parte del plexiglass del lucernario, che era finito invece col cadere su un deposito di CellTell dove veniva stoccato del materiale combustibile.

Secondo i legali della difesa, invece, l’incendio scaturì dal basso, dove si trovavano migliaia di pezzi elettronici in uso all’ex CellTel.

 
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