Avevano incrociato le braccia e bloccato tutti i servizi: il centralino del Comune di Ivrea e del centro prenotazioni dell’Asl To4, i servizi di informatizzazione della Regione, della Città metropolitana e l’help desk del Comune di Torino. Martedì scorso però, delegati e organizzazioni sindacali sono stati convocati dal Prefetto e precettati. “I servizi - è stato detto loro chiaro e tondo - non si possono interrompere così...”. Sono ore decisive per i 118 lavoratori del Cic, il cui salvataggio passa attraverso l’acquisizione del 62,7% delle quote da parte della Csp Spa, società che opera tra Torino, Arezzo e una serie di altre città sparse per l’Italia. Per subentrare, assorbire tutti i dipendenti e accollarsi i 3 milioni e mezzo di debiti, Csp aveva posto come clausola imprescindibile la conferma delle attuali commesse pubbliche per almeno tre anni e proprio qui il sistema si è arenato. Il Cic, infatti, ottiene i lavori dal Csi Piemonte che pur essendo anche socio, all’ultimo momento ci ha ripensato chiedendo impegni precisi da parte dei suoi clienti, che poi sono Comuni, Città Metropolitana e Regione. Inutile chiedersi perchè mai il Csi non abbia fatto questi ragionamenti prima, quando si è deciso di vendere a Csp. Fatta la richiesta, a stretto giro di posta è subito arrivato l’impegno di Città metropolitana per i prossimi sei mesi e il via libera della Regione ad una convenzione per i prossimi tre anni. Parole, tante parole, ma nulla che non possa essere detto e rimangiato domani. Mancherebbe inoltre all’appello il Comune di Torino. E’ sufficiente? Ci sa tanto di no! Il rischio che l’operazione salti è concreto, come si è capito al cda d'urgenza del Csi convocato mercoledì scorso proprio per parlare della “situazione della Società partecipata CIC S.c.r.l. e della relativa proposta concernente il Contratto Quadro per la fornitura dei servizi di Contact center e altri servizi”. Il 2 novembre scadono i termini dati dal tribunale di Ivrea per consegnare un piano di concordato preventivo e il piano per il momento ancora non c’è... Il curatore fallimentar Giuseppe Inzirillo chiederà quasi sicuramente al giudice una proroga. C’è peròqualcos’altro Che in pentola bolla qualcos’altro però sembra chiaro a molti, ancor più in seguito alle voci cominciate a circolare la scorsa settimana nelle stanze di più di un palazzo del potere. Scrive il sito internet “lospiffero”: Sarà un caso che una delle sedi del Csp sia a Sansepolcro, in provincia di Arezzo, città che ha dato i natali a un altro grande manager dell’informatica, poi caduto in disgrazia, come Pio Piccini? Si tratta di uno degli alti dirigenti arrestati nelle vicende relative ad Agile-Eutelia, di cui era uno dei massimi esponenti. In quella brutta pagina dell’imprenditoria nazionale a rimetterci furono quasi 800 lavoratori, di cui 136 tra le sedi di Torino e Ivrea. La stessa Ivrea in cui oggi ha sede la Cic. Al vertice della Csp c’è Claudia Pasqui nelle vesti di presidente e amministratore delegato, la stessa Pasqui che nelle cronache dei primi anni Duemila veniva considerata tra le alte sfere di Omega (società della galassia Agile) proprio insieme a Piccini, prima del crac...”. La domandache tutti si fanno La domanda che tutti si fanno è quanto convenga al CSI “regalare” a Csp, commesse così importanti. E se l’intenzione fosse quella di far fallire il CIC, punto e basta, lasciando marcire i debiti dei soci a responsabilità limitata in una liquidazione lunga qualche anno!
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