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26 Giugno 2015 - 22:49
Vivono in Suf Africa ma vorrebbero ristrutturare la vecchia casa di famiglia a Ivrea. Così cominciano i lavori, ma cominciano liti e dispetti da parte dei vicini di casa. Esausti, i tre fratelli Roberto, Luigi e Leone Valle sporgono denuncia. Sul banco degli imputati finiscono Domenico Pairetti (Avvocato Leo Davoli), Luisa Margherita Moiso e Marta Giuseppina Carmbursano (Avvocato Patrizia Mussano). Il processo, per fatti risalenti all'ormai lontano 2006, è ora agli sgoccioli. Giovedì scorso, a Palazzo Giusiana, le parti hanno formulato le conclusioni. Il Pubblico Ministero Claudia Oberto ha chiesto la condanna a tre mesi di reclusione per Pairetti, accusato di tentata violenza privata, ma ha chiesto l'assoluzione per le due donne, accusate del reato di tentata estorsione. Il giudice Marianna Tiseo ha rinviato la lettura del dispositivo al prossimo 30 giugno.
Tutto comincia nove anni fa. I fratelli Valle abitano in sud Africa da quando sono piccoli. Da quando il papà, ex impiegato Olivetti, rimasto vedovo, aveva deciso di cominciare una nuova vita lontano da Ivrea e dai ricordi, trasferendosi con i suoi ragazzi a Città del Capo. Diventano degli industriali, titolari di una ditta che si occupa di materiali refrattari per l'edilizia. Sotto le rosse torri possiedono ancora una vecchia casa dell'Ottocento. Roberto, Leone e Luigi, che hanno tra i 65 ed i 70 anni di età, tornano per eseguire i lavori di ristrutturazione, ed ottengono l'autorizzazione dagli uffici del Comune ad utilizzare la stradina di access, soggetta a servitù di passaggio, perché possano passare i mezzi della ditta. Si avvalgono del geometra Tasso, più volte si recano a Ivrea. Ma i vicini non vogliono sentir ragioni. Comincia una serie di ripicche che, secondo il capo di imputazione, sarebbero durate dall'autunno 2006 al settembre 2008. "Se non blocchi i lavori buco le gomme della tua auto" con queste parole, nel settembre 2008, Pairetti avrebbe minacciato il giovane operaio di origini albanesi Elezai Afrim. Secondo il Pm, invece, non ci sarebbero elementi sufficienti a provare che Moiso e Cambursano avessero chiesto a due dei tre fratelli la somma di 25mila euro a testa, per un totale di 50mila euro, per cassare l'attività vessatoria. "Ci sono mail, documenti dal Sud Africa con cui i Valle propongono una trattativa - ha alzato le spalle il Pm -. Non ci sono prove che il fatto costituisca reato".
Incredulo l'avvocato Andrea Bertano, con cui i Valle e l'operaio Afrim si sono costituiti parte civile. "Lo scambio di mail – ha precisato quest'ultimo – è a senso unico: sono i miei assistiti a cercare uan conciliazione. A loro le imputate hanno chiesto la bellezza di 50mila euro perché potessero utilizzare i tre metri di strada, servitù di passaggio, che il loro padre aveva sempre utilizzato". Riguardo a Pairetti, "è il primo caso in cui dei piemontesi indigeni fan scappare un albanese, che in 17 anni da quando abita in Italia ci ha detto di non aver mai visto un comportamento del genere" ha commentato sarcastico Bertano.
Indignato, invece, l'avvocato Mussano, che ha dipinto le imputate come vittime di una "pressione mediatica", visti i numerosi articoli comparsi al riguardo di questo processo.
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