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12 Aprile 2015 - 12:33
"Un po' per la crisi, un po' per la situazioni mi ritrovai ad avere 696 euro al mese da pagare di rata per l'auto, presso la banca, gli assegni di mantenimento alla mia ex moglie e a mia figlia. Mi sostentavo ormai con l'attività che svolgevo il fine settimana ai Murazzi. Mille euro al mese. Non bastava. Nella speranza di risollevarmi, mi ero rivolto ad una persona che potesse garantirmi dei prestiti...". Con queste parola, martedì scorso, davanti al collegio del Tribunale di Ivrea, Francesco Catania, quarantenne residente a Borgo San Dalmazzo, ha raccontato come iniziò il rapporto con Massimo Gnam, eporediese imputato con l'accusa di usura (difeso dall'avvocato Capone).
Catania, interrogato dal Pm Drammis, ha riferito di aver ricevuto, nel 2011, diversi prestiti, con la promessa di restituirli con interessi del trenta per cento. Gnam si era presentato come intermediario. Le consegne delle buste si erano svolte in alcuni bar di Ivrea. "Il primo prestito da 550 euro, chiesto per pagare la rata dell'auto, perché non volevo rischiare il protesto – ha specificato la persona offesa –, poi altri, per arrivare a 1200 euro in contanti". "Non preoccuparti - lo avrebbe rincuorato Gnam -. L'unica cosa è che qualcosa indietro, le persone da cui possono ottenere i prestiti per te, ti chiederanno..."
Tutto era filato liscio. "C'è stata un escalation – ha proseguito Catania -. Avevo saldato quasi tutto, 1600 euro, ed in più lui aveva incassato due assegni che io gli avevo lasciato in bianco, per 800 e 600 euro. Ci eravamo accordati per pagamenti a cadenza mensile, regolare. Mi mancava soltanto una piccola parte degli interessi... A quel punto la situazione è precipitata. Sono cominciate le minacce telefoniche e ha cominciato a descrivermi come pericolose le persone".
Alla fine Catania aveva deciso di rivolgersi ai carabinieri. "Ho perso il lavoro, sono stato protestato, mi è accaduto di tutto e di più" ha spiegato l'uomo ai giudici.
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