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26 Febbraio 2015 - 11:25
comdata
Insulta l'azienda per cui lavora sul suo profilo facebook. E l'azienda, per tutta risposta, lo licenzia. Licenziamento giusto e motivato, secondo il Tribunale di Ivrea. Il giudice del Lavoro Luca Fadda, ha respinto il ricorso presentato dall'ormai ex dipendente, Alessandro Stockle, 36enne di Romano Canavese, attraverso l'ufficio vertenze della Cgil. Con provvedimento del 28 gennaio scorso ha citato una sentenza della Corte di Cassazione, che stabilisce il confine tra la libertà di espressione attraverso i social network e l'ingiuria bella e buona. Ed il commento "E' un'azienda di merda" rientra tra gli insulti.
Il dipendente era stato licenziato il 28 marzo 2014, in seguito ad un post di sfogo, arrivato all'attenzione dei responsabili dell'azienda, la Comdata, che ad Ivrea conta oltre milleduecento addetti. "E' venuto meno il rapporto di fiducia" la motivazione della società.
Ora l'ex lavoratore sta valutando se presentare ricorso in Appello. Dalla sua il fatto che il profilo, secondo le impostazioni del proprio account, non fosse pubblico ma visibile soltanto dagli amici. Per questo aveva già presentato un esposto per violazione della privacy. "Quindi – si chiede – com'è possibile che l'azienda ne sia venuta a conoscenza?". E' ipotizzabile che qualche amico abbia mostrato la bacheca ai superiori, o che abbia fotografato la schermata.
E il clima di insofferenza, ad ogni modo, era, secondo Stocke, più che giustificato. Non foss'altro che, come aveva raccontato alcuni mesi fa sulle colonne di questo giornale, l'azienda lo aveva già interpellato, ad inizio anno, offrendogli una buona uscita di sei, otto mensilità. Bye bye dopo otto anni. Lui aveva rifiutato. "Una settimana dopo – ci aveva raccontato – Comdata mi ha di nuovo chiamato avvisandomi di fare attenzione, per la mutua, legata ad alcuni problemi di salute, perché rischiavo di non prendere il premio di produzione". Dopo una settimana l'azienda avrebbe dato i quarti livelli a persone che erano al lavoro da meno tempo di lui, provocando un clima di tensione e discussioni anche su Facebook.
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