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07 Febbraio 2015 - 12:00
gelmini
Sono ormai più di mille le firme raccolte dalla Associazione Gessetti Colorati di Ivrea a sostegno della richiesta indirizzata al Ministro dell’Istruzione di abolire il voto numerico nella scuola del primo ciclo (primaria e secondaria di primo grado). “Il voto numerico –illustra Reginaldo Palermo di Gessetti colorati - era stato introdotto nelle scuole del primo ciclo con una legge approvata nel 2008 quando era ministro Maria Stella Gelmini. A seguito di quella legge nelle pagelle sono spariti i giudizi sintetici (sufficiente, discreto, buono, distinto, ottimo …); e anche nella pratica quotidiana sono arrivati i voti numerici. E così anche i singoli compiti (dal semplice dettato fino al tema e al problema) sono stati classificati con 5, 6, 8 e 10: pratica considerata sbagliata non solo da molti insegnanti ma anche da dirigenti scolastici ed esperti”.
L’appello è stato “lanciato” pochissimi giorni e le adesioni arrivate non solo dal Canavese ma da tutta Italia, sottoscritto soprattutto insegnanti, dirigenti scolastici e genitori. Non mancano le firme“importanti” di ispettori ministeriali e di docenti universitari. Per esempio Roberto Maragliano, professore ordinario di pedagogia all’università di Roma, firmando la proposta ha aggiunto: “Un bel 10 e lode a questa iniziativa!”
Vanna Cercenà, ispettrice ministeriale in pensione, così ha commentato:“Ho sempre ritenuto la valutazione numerica “incompatibile” con la fascia di alunni della scuola primaria. Sono tali e tante le variabili che compongono il giudizio degli insegnanti su ciascun alunno, che esprimerle con un numero finisce col renderle prive di significato dal punto di vista della reale situazione scolastica del bambino“. Benedetto Vertecchi, pur non aderendo all’appello, ha però inviato un suo commento auspicando che nelle scuole si discuta seriamente del problema della valutazione degli alunni allo scopo di superare non solo il voto numerico ma anche la pratica dei cosiddetti giudizi sintetici (buono, distinto, ottimo e così via) che – di fatto – non servono comunque a sostenere gli alunni nel loro percorso scolastico.
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