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04 Febbraio 2015 - 10:10
Taglia un primo, significativo traguardo, il progetto "Mais Trac", realizzato dall'AIAB (Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica) con le Aziende agricole e di trasformazione dell’associazione “Antichi Mais Piemontesi” ed il Dipartimento DISAFA dell'Università di Torino. Cofinanziato dalla Regione Piemonte e dall’Unione Europea (mediante il fondo europeo agricolo di sviluppo rurale). Obiettivo: istituire una banca del seme per poter certificare il prodotto, e garantire quindi l'elevata qualità del mais prodotto in Canavese.
Alla sperimentazione si sono prestate alcune realtà del nostro territorio: l'Azienda Agricola Caretto di San Giorgio e la Cascina delle Grazie di Pralormo, come coltivatori, ed il Molino di Piova di Castellamonte, come trasformatore.
"Ci siamo posti tre obiettivi – ha spiegato nel dettaglio Ezio Portis del Dipartimento di Genetica Agraria dell'Università di Torino durante l'incontro organizzato lo scorso lunedì 26 gennaio presso il Museo Civico "Nossi Ràis"-. Il primo: ottenere l'albero genealogico degli ecotipi di mais, lavorando sul materiale prodotto dalle aziende agricole. Abbiamo quindi deciso di lavorare in particolare su tre tipologie di semi, ponendosi la domanda: possiamo riuscire a creare un protocollo di tutela del mais? Possiamo individuare l'ibrido (ovvero l'inquinante) contenuto nelle farine? Ecco quindi il terzo obiettivo: arrivare all'impronta digitale, basata sul dna del mais. Grazie allo studio siamo riusciti ad arrivare ad un codice a barre".
Il Dipartimento, avvalendosi della collaborazione dell'Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica e di un tesista, ha comparato i risultati del progetto Mais Trac con i risultati di un precedente progetto già finanziato dalla Regione e che aveva permesso di certificare già altri mais (entrati nel Paniere della Provincia di Torino e caratterizzati dal marchio Slow Food) quali il Pignoletto Rosso e Giallo, il Nostrano dell'Isola, l'Ottofile.
"Abbiamo cercato – ha aggiunto Portis – gli ibridi che nel settore commerciale sono considerati meno costosi ma più produttivi. Essendo vitrei sono più simili agli originali e possono tentare il contraffattore. Abbiamo individuato ventun colpevoli".
Tutto questo lavoro permette di campionare e certificare il mais, e di guidare le aziende nella produzione di farine di qualità. "Un processo anche difficile perché certi tipi di mais sono stati anche un po' abbandonati per problemi di coltivazione" hanno illustrato i fratelli Livio e Loris Caretto, che hanno ribattezzato il progetto "Mai Strac", "mai stanchi delle nostre tipicità".
Presente dal 1800, per generazioni, da padre in figlio, questa cascina ha visto tramandarsi il sapere contadino. Dagli ha incrementato la struttura aziendale e gli ettari coltivati a vigneto. I Caretto, già conosciuti per la qualità dei loro vini, ’Erbaluce di Caluso il Caluso Passito , il Canavese Rosato il Canavese Rosso ed il Canavese Rosso Novello, (quest'anno si sono peraltro visti confermare il riconoscimento di "Maestri del Gusto" dalla Provincia di Torino con Slow Food), hanno intrapreso anche la strada della riscoperta degli antichi mais piemontesi, il Pignoletto Rosso e il Nostrano dell'Isola, e dei fagioli nell'ambito del presidio slow food della Piattella canavesana di Cortereggio "Vengono da noi seminati e coltivati nel rispetto dell'equilibrio della natura del suolo e del sottosuolo, concimato con letame bovino della nostra stalla, per la produzione di una particolare farina da polenta, di qualità e gusto superiore. Le pannocchie, una volta giunte a maturazione, vengono selezionate manualmente in azienda e macinate a pietra".
La macinatura avviene al Molino di Piova, presente dal 1911 ed oggi gestito da Giorgio Pagliero. "Mio nonno – ricorda quest'ultimo – lavorava con tre macine a pietra, il mais, le castagne, la segale. Nel dopoguerra è subentrato mio papà ed ha introdotto la macinazione a cilindri per mais bianchi, per produrre farine sempre più raffinate, spesso su richiesta dei coltivatori. Nel '92 sono subentrato io, decidendo di abbinare le tradizioni a mezzi più moderni".
Pagliero, maratoneta a livello amatoriale, ha fornito una pittoresca metafora sportiva: "dalle Olimpiadi di Torino – ha aggiunto- c'è stato un forte impulso da parte della Provincia, con la nascita dell'Associazione Antichi Mais Piemontesi. La macinatura a pietra, chiaramente, ha pregi (tipicità ed equilibrio a livello nutrizionale) e criticità (la macinatura dev'essere il più possibile rabbigliata per passare dalla materia prima alla farina quasi senza surriscaldamento per avere il prodotto migliore possibile). Credo che abbiamo passato la mezza maratona, ma siamo al 35esimo Km, quando manca un'ultima fatica al traguardo..."
Tra i relatori intervenuti lunedì, anche Matteo Zappino della Cascina delle Grazie, Sandra Spagnolo dell'AIAB e Laura Icardi del Laboratorio BioQualità. Tra il folto pubblico, naturalmente entusiasta anche il Sindaco Andrea Zanusso, presente insieme l'Assessore Marco Baudino. E' seguita una degustazione guidata a cura dell’Azienda Agricola Caretto di San Giorgio Canavese e dal Vassoio Volante.
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