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06 Settembre 2018 - 16:15
La presentazione a Cuorgne’ di “Cuor di camoscio e altri racconti”, il libro scritto da Ruggero Casse e pubblicato dalla casa editrice “Baima-Ronchietti & C.” di Castellamonte
E’ settembre, tempo di rientro dalle vacanze. Tanti le hanno trascorse in mezzo alla natura, al mare o in montagna che fosse, ma quanti hanno realmente imparato qualcosa dell’ambiente che li circondava? Tornano a casa arricchiti nelle proprie conoscenze oppure hanno guardato paesaggi e persone con occhi superficiali, fermandosi all’apparenza delle cose? Per coloro che volessero rimediare, uno dei mezzi più efficaci sarebbe la letteratura: romanzi e racconti scritti da chi un determinato ambiente lo conosce bene perché ci vive e ci lavora. Appartiene senza dubbio a questa categoria il volume “Cuor di camoscio e altri racconti”, che era stato presentato a Cuorgnè all’inizio dell’estate in una serata organizzata insieme dal CAI e dal Corsac. Lo ha scritto un valsusino, Ruggero Casse, ma è stato pubblicato dalla Casa Editrice Baima-Ronchietti & C. di Castellamonte.
Che i suoi racconti fossero avvincenti lo si era capito dai brani che nel corso di quell’incontro erano stati letti degli attori Renato Sibille e Roberto Micali dell’associazione ArTeMuDa (Arte, Teatro, Cinema, Danza). Ruggero Casse è anche fotografo, anzi a suo dire “prima questo che scrittore. Ho messo sulla carta le emozioni che la natura e la fotografia mi trasmettevano ma non sono un grande fotografo e nemmeno un grande narratore”. Affermazioni dalle quali si può motivatamente dissentire! I suoi scatti – soprattutto di animali selvatici e di orchidee - sono molto belli ed i racconti ben costruiti, tutti ambientati in montagna ma differenti per soggetti, situazioni, epoche. Alcuni sono collocabili ai nostri giorni, altri in decenni più o meno lontani, altri ancora in un passato indefinito come lo è quello delle fiabe.
Le situazioni e le trame sono svariate: assolutamente realistiche alcune, altre al limite del verosimile, altre ancora mischiano disinvoltamente (e con bravura) elementi reali e fantastici. Ci sono anche le Masche, nella sua zona chiamate <Soursi>, dispettose come quelle delle vallate canavesane: “Facevano sortilegi per infastidire le attività umane: il burro che non montava, la lana delle pecore che si annodava. Oggi difficilmente si parla di questo ai ragazzi ma i miei nonni tiravano fuori l’argomento più di una volta al giorno e nella realtà succedevano cose molto più incredibili di quanto si possa immaginare”.
Oltre alla capacità di inventare storie, colpisce in questi racconti la conoscenza profonda dell’ambiente montano, delle leggi non scritte che lo governano, delle persone che ci vivono, dei mestieri che svolgono e che svolgevano in passato. Le persone sono ritratte con obiettività, senza idealizzazioni o demonizzazioni: accade per i bracconieri, per i cacciatori, per i contadini e gli allevatori. Gli animali vengono descritti come noi li vediamo ma anche come loro vedono sé stessi e noi: sono animali veri, che si comportano come tali, non figurine da cartone animato.
Da conoscitore Casse sa che “la montagna, quando la si frequenta in modo costante, ci dice cose che in un primo momento non eravamo riusciti a cogliere: vengono fuori dopo, c’è bisogno di tempo”. E sa che gli animali vanno rispettati. “Da quando esiste, l’Uomo ha sempre convissuto con loro ma oggi il rapporto si è fatto più difficile: ad esempio gli sci-alpinisti, arrampicandosi sulle falesie, disturbano i galli fornelli. Molte volte gli animali stessi mi fanno capire che li sto infastidendo”. Il suo approccio è pragmatico anche nei confronti dei lupi: “La prima volta che li vidi mi spaventai molto: era il 1997 e non si sapeva ancora della loro presenza. C’era una femmina con i suoi due cuccioli: mi misi in fuga, mentre essa ululava. Li ho incontrati molte altre volte ma non sono interessati a noi e gli facciamo una paura incredibile. Sono altri gli animali che dobbiamo temere: le zecche o la processionaria che distrugge i boschi”.
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