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Cucina Mon Amour

Un'antica locanda a centimetri zero dove ancora si mangia la "finanziera"

Dai Depeche Mode all'Antica Locanda dell’Orco

Un'antica locanda a centimetri zero dove ancora si mangia la "finanziera"

Ognuno di noi ha un gruppo o un cantante preferito. Io ad esempio amo follemente i Depeche Mode.

Sì, ma che c’entra con il ristorante di cui vi voglio parlare vi chiederete voi.

A marzo i Depeche Mode erano in concerto a Torino e io non sono riuscita a trovare i biglietti per vederli dal vivo per la milionesima volta. Niente concerto, così ho deciso che quella sera almeno mi sarei goduta una buona cena fuori. Possibilmente lontana da Torino per evitare di incontrare fan più fortunati di me con i biglietti.

Sono tornata nel cuore del Canavese, a Rivarolo.

Facendomi consigliare dalla guida “Gambero Rosso” ho scovato una sorprendente scoperta, l’Antica Locanda dell’Orco.

Il ristorante è nato nel 2003, a cura dello chef Giuseppe Randisi e della maitre Monica, sua moglie.

Che belle le attività familiari, che bello quando una coppia riesce a trovare questo equilibrio perfetto che si traduce in un’ottima cucina e in un impeccabile servizio di sala.

Antica Locanda dell'Orco

Curioso il nome del ristorante, è la prima cosa che chiedo a Monica. Mi racconta che è l’antico nome del locale e che quando lo hanno rilevato è stato lo stesso comune di Rivarolo a chiedere loro di mantenere il nome.

L’Orco si riferisce al fiume che attraversa la città. Nella cantina del locale sono ancora conservati i ganci a cui erano legati i cavalli durante la guerra. Ma Giuseppe e Monica non sono nuovi alla ristorazione, come spesso accade per chi apre un ristorante proprio c’è sempre grande esperienza precedente.

Lo chef lavorava già per un noto ristorante, ma per avvicinarsi a casa ha appeso al chiodo le vesti da cuoco per aprire una gastronomia insieme alla moglie. Solo che quando si lascia il cuore in cucina è difficile starle lontano, la passione per la ristorazione porta lo chef a seguire il suo sogno di avere un ristorante tutto per sé dove esprimere finalmente la propria idea di cucina.

Con Monica ho scherzosamente definito il loro ristorante “centimetro zero” perché ho ritrovato tantissimi alimenti caratteristici del Canavese, primo fra tutti la trota di Traversella (e potevo non assaggiarla?) e poi i plin di cipolla alla canavesana (e anche qui, potevo non ordinarli?).

Non mancano i classici cavalli di battaglia della cucina piemontese come il vitello tonnato o i tajarin al ragù. Poi mi cade l’occhio su un piatto ormai quasi dimenticato che però sta prepotentemente tornando nei ristoranti piemontesi: la finanziera. Monica mi racconta che è fiera di portare i piatti antichi della nostra cucina regionale, l’Italia ha una così ricca e variegata cultura culinaria ed è giusto far rivivere queste ricette.

E a proposito di territorio, i miei personali complimenti per la carta dei vini che vede una pagina tutta dedicata all’Erbaluce (questo vino conquisterà prestissimo il mercato, io ne sono assolutamente certa).
Abbiamo anche parlato di quanto sia duro il mondo della ristorazione. Gli orari sono assurdi, non c’è praticamente un attimo di riposo, dalla spesa fino al servizio. Monica ci tiene a precisare che la fatica non è solo quella all’interno della cucina, ma di tutto il personale, anche quello di sala.

Il ristorante è una macchina, è composto da tanti elementi che dialogano tra loro, ognuno con un ruolo fondamentale e tutti legati l’uno all’altro; senza collaborazione è impossibile andare avanti. La proprietaria ha solo parole lusinghiere per tutto il personale che è passato da quel ristorante e si dice dispiaciuta quando sente dire che i giovani non abbiano voglia di lavorare perché non è affatto vero, hanno anzi voglia di imparare e di mettersi in gioco.

In effetti mi sono guardata intorno e il personale di sala è giovane, sempre cordiale e sorridente.


Per quel che mi riguarda l’Antica Locanda dell’Orco è promossa a pienissimi voti. I piatti hanno pochi ingredienti ma di altissima qualità e trattati in modo eccelso - e chi cucina sa che è molto più facile sbagliare con piatti all’apparenza semplici.
Il mio unico dispiacere è stato quello di aver cenato nella veranda una sera d’inverno e non essermi goduta la luce che arriva dal giardino, ma rimedierò tornando o a pranzo o in una sera estiva.


Due dettagli di stile: la storica affettatrice manuale rossa all’entrata (ma quanto sono belli gli elementi vintage in un ambiente moderno?) e i pannelli fonoassorbenti colorati che sembrano origami nella veranda.

Antica Locanda dell'Orcovia Ivrea, 109 - Rivarolo Canavese (TO) - 0124 425101

Trota di Traverella con sedano rapa e vinaigrette al miele

Plin alla cipolla canavesana con fonduta di parmigiano

La Finanziera

L’origine del piatto: La Finanziera è un piatto di origine povera, nato dal riutilizzo delle parti scartate durante la lavorazione dei capponi o dalla macellazione dei bovini.
La ricetta è stata creata nel 1450 dal più importante cuoco europeo del XV secolo, Martino de' Rossi (detto Maestro Martino), ma è stata rimaneggiata nel corso dei secoli. Fra le varie evoluzioni della ricetta figurano la Finanziera alla Benso del 1852 e la Salsa e ragout à la Financière del 1854, attribuita al grande cuoco italiano Giovanni Vialardi.

Il nome del piatto: Si racconta che nell’Ottocento la Finanziera smise di essere un piatto povero e divenne invece una portata per le élite. Da qui il suo nome, Finanziera, riferito alla giacca da cerimonia indossata a Torino dai rappresentati della finanza piemontese.

L’esaltazione del gusto: Nella tradizione piemontese la Finanziera può essere servita come un antipasto o come secondo piatto. È generalmente accompagnata da cetriolini e gustosissimi funghi.

Finanziera

#locanda, #antica locanda

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