Cerca

Cronaca

Eredità Agnelli, l’ombra di una collezione segreta tra Monet, Picasso e De Chirico: 35 opere sparite nel nulla

L’inchiesta di Roma accelera: quadri di valore inestimabile fuori dall’Italia, possibile confisca e un’indagine nata dallo scontro giudiziario tra Margherita Agnelli e i figli

Eredità Agnelli, l’ombra di una collezione segreta tra Monet, Picasso e De Chirico: 35 opere sparite nel nulla

Eredità Agnelli, l’ombra di una collezione segreta tra Monet, Picasso e De Chirico: 35 opere sparite nel nulla

L’inchiesta sull’eredità Agnelli e sulla sorte di una parte rilevante della collezione d’arte riconducibile alla famiglia entra in una fase decisiva. La Procura di Roma ha accertato che non sono tredici, come inizialmente emerso, ma trentacinque i quadri d’autore che gli investigatori stanno cercando. Opere di valore artistico e patrimoniale straordinario, tra cui figurano con certezza dipinti di Claude Monet, Pablo Picasso e Giorgio De Chirico, inseriti in una lista solo parzialmente coperta da segreto istruttorio.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal pubblico ministero Stefano Opilio, le opere non si troverebbero più in Italia. Dopo un passaggio sul territorio nazionale, sarebbero state trasferite all’estero, forse in Svizzera, senza che risulti la comunicazione obbligatoria al Ministero della Cultura, prevista dalla normativa per i beni di particolare pregio. Un’omissione che, se accertata, aprirebbe la strada alla procedura di confisca.

L’indagine, al momento senza indagati, ipotizza i reati di ricettazione ed esportazione illecita di opere d’arte. Non si tratta, è bene chiarirlo, di una messa in discussione del diritto di proprietà: i membri della famiglia Agnelli, in quanto proprietari, avevano e hanno la facoltà di trasferire le opere dove desiderano. Il nodo giuridico sta altrove, nel mancato rispetto degli obblighi di comunicazione allo Stato italiano, che scattano quando si tratta di beni ritenuti di eccezionale interesse culturale.

Il fascicolo giudiziario nasce come sviluppo collaterale della lunga e aspra contesa ereditaria tra Margherita Agnelli, 69 anni, e i suoi tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann, relativa al patrimonio lasciato da Gianni Agnelli, morto il 24 gennaio 2003. Nel corso di quella battaglia legale, è emerso che tredici dipinti, elencati nell’inventario allegato al testamento, risultavano irreperibili. In alcuni casi, al loro posto sarebbero state rinvenute copie, come per “La scala degli addii” di Giacomo Balla, per “Mistero e malinconia di una strada” di De Chirico o per “Glaçons, effet blanc” di Monet.

Eredità Agnelli, la mossa di Margherita: "Sequestrate la Dicembre. John  Elkann non vive in Italia" - Torino Cronaca - Notizie da Torino e Piemonte

Margherita Agnelli e John Elkann

La svolta investigativa è arrivata grazie alla collaborazione diretta di Margherita Agnelli, attraverso il suo storico legale Dario Trevisan, che ha messo a disposizione degli inquirenti una vasta documentazione: certificati, liste private, contratti assicurativi, bolle di accompagnamento e documenti di trasferimento tra le residenze italiane della famiglia. Un materiale che ha permesso di ricostruire con maggiore precisione la consistenza della collezione e, soprattutto, di far emergere l’esistenza di ventidue ulteriori opere di cui, fino a quel momento, non si aveva traccia ufficiale.

Alcuni di questi quadri, secondo una prima ricostruzione, sarebbero stati acquistati da Gianni Agnelli negli anni Ottanta e Novanta, soprattutto negli Stati Uniti, per poi arrivare in Italia ed essere esposti nelle residenze private della famiglia. Su questo segmento della collezione, però, la Procura non ravvisa al momento profili di interesse penale: l’ingresso in Italia, pur se non comunicato, risalirebbe a un periodo troppo lontano nel tempo per assumere rilievo giudiziario. Inoltre, queste opere risulterebbero ancora oggi presenti sul territorio nazionale.

Il cuore dell’inchiesta riguarda invece quei ventidue dipinti che, a un certo punto, spariscono dai radar italiani. La loro esistenza è attestata da atti processuali, inventari e bolle di trasferimento tra residenze italiane, ma successivamente se ne perde ogni traccia. Da qui il sospetto che siano stati portati all’estero. L’ipotesi più accreditata è quella di un trasferimento in Svizzera, dove per un periodo le opere sarebbero state custodite nei cosiddetti porti franchi, aree doganali speciali utilizzate spesso per la conservazione di beni di altissimo valore. Da lì, sempre secondo gli investigatori, i quadri potrebbero essere stati spostati in residenze svizzere riconducibili alla famiglia.

Per la Procura di Roma, l’obiettivo non è chiarire le ragioni del trasferimento – che restano sullo sfondo, tra ipotesi fiscali o legate alla gestione dell’eredità – ma rintracciare le opere e riportarle alla luce. Una volta individuate, sarà possibile avviare le procedure previste dalla legge, lasciando poi ai proprietari la possibilità di regolarizzare la posizione.

La rilevanza del caso va ben oltre il perimetro del conflitto familiare. Le opere al centro dell’indagine rappresentano un patrimonio artistico di valore inestimabile, tutelato non solo dal diritto privato ma anche dall’interesse pubblico dello Stato italiano. È anche per questo che la lista completa dei quadri è coperta da segreto istruttorio: rendere noti titoli e collocazioni potrebbe complicare le attività di localizzazione e recupero.

Dal fronte della famiglia Elkann, in passato, non sono mancate reazioni di minimizzazione. Il legale di John Elkann aveva parlato di “tanto rumore per nulla”, sostenendo che la vicenda non avrebbe avuto sviluppi sostanziali. Ma l’allargamento dell’elenco delle opere ricercate e la prospettiva concreta di confische segnano un cambio di passo difficilmente ignorabile.

Ora l’indagine entra in una fase più delicata. Se verrà accertato che i quadri sono stati esportati senza le dovute comunicazioni, lo Stato italiano potrà far valere le proprie prerogative. Non per riscrivere la storia di una delle famiglie più potenti del Paese, ma per riaffermare un principio che vale per tutti: il patrimonio artistico, anche quando è privato, non è mai del tutto sottratto all’interesse collettivo.

La vicenda dell’eredità Agnelli, tra tribunali civili e procure penali, si conferma così come uno dei casi più complessi e simbolici degli ultimi anni. Una storia che intreccia arte, potere, diritto e memoria, e che potrebbe riservare ancora sviluppi inattesi.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori