Cerca

Cronaca

«Noi ci sacrifichiamo con i soldi, loro con il sangue»: l’intercettazione che per gli inquirenti inchioda la rete italiana di Hamas

Le parole del fratello di Mohammad Hannoun nell’ordinanza: per la Procura il legame diretto tra fondi raccolti in Italia e vertici dell’organizzazione

Mohammad Hannoun

Mohammad Hannoun

«Noi ci sacrifichiamo con i soldi e il tempo, ma loro con il sangue». È questa frase, attribuita ad Awad Hannoun, fratello di Mohammad Hannoun, a rappresentare uno dei passaggi più forti e simbolicamente pesanti dell’inchiesta che ha portato a nove arresti per il presunto finanziamento di Hamas con oltre sette milioni di euro. La conversazione, intercettata nell’agosto 2024 all’interno dell’auto in uso a Ra’Ed Hussny Mousa Dawoud, noto come Abu Falastine, è riportata nelle carte dell’ordinanza di custodia cautelare e viene considerata dagli inquirenti una sintesi esplicita dell’assunto accusatorio.

Il dialogo si colloca nel contesto della discussione sulla nomina di Yahya Sinwar a capo di Hamas dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh. In quel confronto, Dawoud pone una domanda che, secondo la magistratura, chiarisce il ruolo cruciale della rete estera: «Va bene… Loro senza di noi vanno avanti?», insistendo subito dopo: «Senza quelli all’estero andrebbero avanti?». Alla domanda, Awad Hannoun replica: «Noi… questo movimento è circolare… la nostra generazione si è sacrificata molto». Per la gip Silvia Carpanini, si tratta di affermazioni «assolutamente esplicite» nel riconoscere l’esistenza di un rapporto diretto tra l’organizzazione centrale di Hamas e le sue articolazioni periferiche, considerate parti integranti di un unico sistema.

L’intercettazione rafforza il quadro accusatorio che individua in Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia e riferimento dell’Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese (A.b.s.p.p.), il vertice della presunta cellula italiana di Hamas. Secondo la Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo, Hannoun avrebbe costruito nel tempo una struttura stabile capace di raccogliere fondi in Italia e all’estero sotto la copertura di attività umanitarie, dirottando poi, sempre secondo l’accusa, oltre il 71% delle somme direttamente verso Hamas o enti a essa collegati.

Le parole intercettate si inseriscono in un’indagine che la Procura di Genova ha chiarito essere stata avviata prima del 7 ottobre 2023, a seguito di Segnalazioni di operazioni sospette (Sos) arrivate alla Direzione nazionale antimafia di Roma. Un lavoro investigativo che ha incluso rogatorie con le autorità giudiziarie israeliane, riscontri informatici sui server dell’A.b.s.p.p. e una vasta attività di perquisizioni in numerose città italiane, con il sequestro di oltre 200mila euro in contanti.

La forza delle intercettazioni e degli atti giudiziari ha innescato anche una serie di reazioni politiche. Il deputato e vice ministro al Mit, Edoardo Rixi (Lega), ha sottolineato come «ogni tentativo di minimizzare, giustificare o relativizzare le azioni di Hamas contribuisce a legittimare il terrorismo», aggiungendo: «Per questo le parole contano, soprattutto quando arrivano da chi ricopre ruoli internazionali e istituzionali. Figure come Francesca Albanese non parlano da semplici attivisti: l'ambiguità verso Hamas non è neutralità, ma una responsabilità politica e morale che incide sul dibattito pubblico». Rixi ha ribadito che «l'Italia continuerà a stare dalla parte della legalità, della lotta al terrorismo e della netta distinzione tra la difesa dei diritti umani e la giustificazione della violenza».

Francesca Albanese - Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati

Sulla stessa linea è intervenuta Raffaella Paita, capogruppo di Italia Viva al Senato, ricordando come il suo partito avesse «da tempo segnalato l'allarme con diverse interrogazioni sugli intrecci italiani di Hamas, come dei Fratelli musulmani». Paita ha espresso «complimenti alla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova per la complessa indagine», aggiungendo: «L'accurato e brillante lavoro compiuto dalla Direzione Antimafia, dalla Digos e dalla Guardia di Finanza ha consentito di individuare e interrompere un flusso di denaro che, dietro il paravento di alcune associazioni benefiche, sembrava alimentare gli orrori compiuti da Hamas contro il popolo israeliano». Nel suo intervento ha voluto ricordare anche «il prezioso contributo di Giulia Sorrentino e Tommaso Cerno, con il loro importante lavoro giornalistico».

L’inchiesta si inserisce così in un quadro più ampio, che intreccia indagini giudiziarie, cooperazione internazionale e un acceso confronto politico. Come previsto dall’ordinamento, tutti gli indagati sono da considerarsi presunti innocenti fino a sentenza definitiva. Ma per gli inquirenti, frasi come «noi ci sacrifichiamo con i soldi» non lasciano spazio a equivoci: descrivono, secondo l’accusa, un sistema consapevole e strutturato di sostegno economico a un’organizzazione terroristica.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori