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20 Dicembre 2025 - 20:58
Addio a don Gino, l’ultimo “parroco operaio” dell’area chivassese: Rondissone perde il suo riferimento
La Curia di Ivrea piange la scomparsa di don Luigi Casardi, per tutti semplicemente don Gino, morto nel pomeriggio di oggi, sabato 20 dicembre 2025, all’età di 86 anni. Il decesso è avvenuto presso la Rsa Immacolata di San Gillio, dove il sacerdote era ricoverato da tempo dopo l’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Una notizia che ha attraversato rapidamente la diocesi eporediese e che a Rondissone ha assunto il peso di una perdita che va oltre la dimensione religiosa.
Don Gino aveva legato in modo indissolubile il proprio nome al paese che ha guidato come parroco per 26 anni, diventando molto più di una guida spirituale. Era stato costretto a lasciare l’incarico la scorsa estate, dopo un ricovero alla struttura San Francesco di Rivarolo, quando la salute non gli aveva più consentito di reggere i ritmi di una parrocchia complessa. L’annuncio del suo passo indietro era arrivato come un colpo improvviso in piena estate, lasciando Rondissone senza parroco e aprendo una fase di incertezza vissuta con compostezza, tra rosari, messaggi di affetto e una gratitudine diffusa per una presenza durata una generazione.

Figura carismatica e amatissima della Curia di Ivrea, don Gino viene ricordato come l’ultimo “parroco operaio” dell’area chivassese. Il suo ministero non si è mai limitato alle mura della chiesa: è stato vissuto accanto alle famiglie e ai lavoratori, condividendone fatiche quotidiane, speranze e battaglie. Parlava in modo diretto, senza giri di parole, affrontando le difficoltà con realismo e una tenacia che lo aveva reso un punto di riferimento anche civile per la comunità.
Tra le pagine più significative del suo lungo servizio resta la battaglia per reperire fondi destinati al restauro della chiesa parrocchiale di Rondissone, una causa portata avanti con determinazione fino ai tavoli istituzionali. Don Gino era arrivato a chiedere sostegno direttamente al presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, durante una visita ufficiale, trasformando un’urgenza locale in una responsabilità condivisa. Un gesto che racconta il suo stile: concreto, schietto, profondamente radicato nel territorio.
Dopo la sua uscita di scena, Rondissone aveva vissuto una fase di transizione. Don Silvio Faga aveva predisposto una sola funzione settimanale, il sabato alle 18, celebrata da don Valerio D’Amico, parroco di Verolengo e Borgo Revel, che durante la festività di San Rocco aveva annunciato la disponibilità a restare a supporto fino a metà settembre. Un presidio temporaneo, segno di un equilibrio fragile che metteva già allora al centro il tema della continuità pastorale nei piccoli centri.
In quelle settimane, le parole pronunciate dallo stesso don Gino avevano lasciato un segno profondo nella comunità. «Non tornerò più a Rondissone, aspetto che il Vescovo mi assegni una chiesetta più piccola. A Rondissone tornerò a salutare tutti i miei parrocchiani». Una frase lucida e responsabile, pronunciata senza retorica, che oggi assume il valore di un commiato consapevole. La richiesta di una “chiesetta più piccola” era stata letta come l’ennesima dimostrazione di un sacerdote che metteva il bene della comunità davanti a tutto, anche al proprio desiderio di restare.
Oggi quella speranza di un ultimo saluto terreno si spegne, ma resta un’eredità che non si misura in numeri: ventisei anni di omelie, confessioni, visite, feste patronali, cantieri, riunioni e ascolto quotidiano. Una trama di relazioni che ha tenuto insieme un paese intero. Con la morte di don Gino, Rondissone e l’intera diocesi di Ivrea perdono un sacerdote di rara profondità umana, capace di vivere il Vangelo come presenza costante, concreta e mai distante dalle persone.
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