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23 Agosto 2025 - 12:38
Don Gino Casardi, parroco di Rondissone
La notizia è arrivata come un colpo improvviso in una giornata d’estate: don Luigi Casardi, per tutti don Gino, non è più alla guida della parrocchia di Rondissone. A 86 anni, dopo 26 trascorsi accanto alla sua comunità, il sacerdote ha dovuto lasciare l’incarico per motivi di salute. Oggi è ricoverato alla struttura San Francesco di Rivarolo. In paese, tra rosari e messaggi di affetto, si sono fatte strada la gratitudine per una presenza lunga una generazione e l’ansia per ciò che verrà.
Per oltre un quarto di secolo don Gino è stato punto di riferimento spirituale e civile, conosciuto per il suo parlare diretto e la capacità di affrontare le difficoltà senza giri di parole. Ha guidato la parrocchia nelle stagioni della crescita e nelle prove più dure, diventando, di fatto, la voce della comunità. La sua impronta è rimasta anche nelle piccole cose: l’attenzione ai bisogni quotidiani, l’ascolto, la tenacia nel cercare soluzioni.
Tra i capitoli più significativi del suo ministero c’è la lunga battaglia per reperire fondi destinati al restauro della chiesa parrocchiale. Una causa che don Gino ha portato con determinazione fino ai tavoli istituzionali, arrivando a chiedere sostegno direttamente al presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, durante una visita ufficiale. Un gesto che racconta il suo stile: schietto, concreto, capace di trasformare un’urgenza locale in una responsabilità condivisa.
Con l’assenza di don Gino, Rondissone vive una fase di transizione. Don Silvio Faga ha predisposto una sola funzione settimanale, il sabato alle 18, celebrata da don Valerio D’Amico, parroco di Verolengo e Borgo Revel. Proprio durante la festività di San Rocco, don D’Amico ha annunciato che resterà a supporto fino a metà settembre. È un presidio prezioso, ma temporaneo: il segnale di un equilibrio sottile che chiede risposte organizzative e pastorali.
Don Gino Casardi (primo a destra) con monsignor Arrigo Miglio e Antonio Di Pietro
LE PAROLE CHE PESANO: «NON TORNERÒ PIÙ A RONDISSONE»
Nelle scorse settimane, lo stesso don Gino ha affermato: «Non tornerò più a Rondissone, aspetto che il Vescovo mi assegni una chiesetta più piccola. A Rondissone tornerò a salutare tutti i miei parrocchiani». Una frase che porta con sé lucidità e responsabilità. L’età avanzata e la salute non consentono più i ritmi di una parrocchia grande; la richiesta di una “chiesetta più piccola” è la scelta di chi mette al primo posto il bene della comunità. In paese, molti avevano sperato in un aiuto stabile da Ivrea per permettere a don Gino di restare. Oggi prevale il realismo: si guarda al vescovo in attesa di indicazioni chiare sul dopo.
Rondissone spera ancora di rivedere il suo sacerdote, almeno per un saluto. Intanto, la riduzione delle celebrazioni e l’assenza di una guida stabile riportano al centro un tema che attraversa molti piccoli centri: come garantire continuità pastorale quando l’età dei parroci avanza e le risorse sono limitate. Non c’è allarmismo, ma la consapevolezza che servono scelte tempestive e coraggiose, nel rispetto della storia e delle persone.
Al di là degli assetti futuri, resta un’eredità che non si misura in numeri: ventisei anni di omelie, confessioni, visite, feste patronali, cantieri e riunioni. Una trama di relazioni che ha cucito insieme un paese. La comunità oggi si stringe e prega: per la salute di don Gino, perché arrivi una soluzione stabile, e perché la chiesa parrocchiale — che lui ha sognato di vedere restaurata — continui a essere la casa di tutti.
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