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Cronaca

Muscoli a ogni costo, il doping corre sul web mentre un laboratorio clandestino riforniva l’Italia di sostanze vietate

L’indagine dei Nas e della Procura di Savona svela un traffico di sostanze vietate vendute online

Muscoli a ogni costo

Muscoli a ogni costo, il doping corre sul web mentre un laboratorio clandestino riforniva l’Italia di sostanze vietate

Un traffico strutturato, ramificato e tecnologicamente avanzato, capace di muovere sostanze dopanti di ultima generazione tra l’Asia e l’Italia, sfruttando il web come canale di vendita e una società formalmente estera come schermo operativo. È questo il quadro che emerge dall’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica di Savona e condotta dai Carabinieri del Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Torino e Genova, culminata con l’esecuzione di misure cautelari, decine di perquisizioni e sequestri per un valore complessivo di centinaia di migliaia di euro.

L’ordinanza, emessa il 18 dicembre 2025 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Savona, ha disposto la custodia cautelare in carcere per due persone domiciliate tra Imperia e Varazze e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per altri due soggetti residenti ad Albissola Marina. I reati contestati, allo stato delle indagini, sono associazione per delinquere, introduzione sul territorio nazionale di sostanze dopanti prive di autorizzazione all’immissione in commercio e commercio illecito di farmaci dopanti. Tutto nel rispetto del principio di presunzione di innocenza, più volte richiamato dagli inquirenti.

Al centro dell’indagine c’è quella che gli investigatori definiscono l’“ultima frontiera del doping”: l’uso e la diffusione di Sarms e ormoni peptidici, sostanze farmacologicamente attive, vietate in qualsiasi contesto, non solo nelle competizioni sportive. Composti inseriti nelle liste dell’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) e recepiti in Italia attraverso decreti del Ministero della Salute, il cui utilizzo è consentito esclusivamente in ambito sperimentale e sotto strettissima supervisione medica. Gli studi scientifici, ricordano gli atti, ne evidenziano effetti collaterali rilevanti e potenziali rischi gravi per la salute.

Nonostante questo, le indagini hanno registrato un aumento preoccupante della domanda, soprattutto in ambito sportivo amatoriale, dove la ricerca di prestazioni e risultati immediati sembra prevalere sulla consapevolezza dei pericoli. È in questo contesto che si inserisce l’attività della società Alkemya, formalmente registrata in Olanda ma operativa di fatto in Italia almeno dal 2021. Secondo la ricostruzione investigativa, le materie prime venivano importate illegalmente dalla Cina, poi confezionate e assemblate in un laboratorio clandestino allestito in un garage ad Albissola Marina, prima di essere immesse sul mercato attraverso un sito internet dedicato.

Le indagini, condotte anche con intercettazioni telefoniche e telematiche, servizi di osservazione e pedinamento, e grazie alla collaborazione dell’Agenzia delle Dogane e di Europol, hanno consentito di tracciare i flussi di importazione extra Ue e di individuare un sodalizio criminale ben organizzato. Due soggetti, fondatori e amministratori della società, avrebbero gestito acquisti, spedizioni, assemblaggio e rivendita. Un consulente informatico curava la piattaforma online, mentre i genitori di uno degli organizzatori avrebbero messo a disposizione locali e abitazione per ricevere e custodire le sostanze importate.

Parallelamente è stato ricostruito il volume d’affari della società, analizzando acquisti, vendite e spedizioni effettuate nel corso degli anni. Già il 19 novembre 2025 il GIP aveva disposto un sequestro preventivo fino a quasi 150 mila euro, comprendente il sito internet, beni mobili e immobili utilizzati per l’attività illecita, tra cui il garage-laboratorio e un ufficio a Varazze. Un provvedimento eseguito il 4 dicembre, con il supporto del Nucleo Carabinieri Antifalsificazione Monetaria di Roma, che ha portato anche al sequestro di criptovalute per circa 20 mila euro, custodite su wallet digitali.

L’operazione ha avuto dimensioni nazionali. Sono state eseguite 65 perquisizioni personali e domiciliari, molte delle quali con esito positivo, che hanno coinvolto non solo gli indagati principali ma anche 62 soggetti sparsi sul territorio italiano, ritenuti acquirenti abituali delle sostanze dopanti attraverso il sito di Alkemya e per i quali si ipotizza il reato di ricettazione. Nel corso delle perquisizioni è stato sequestrato un quantitativo impressionante di materiale: apparecchiature farmaceutiche, tre chili di principi attivi, 6.000 ampolle, 5.000 fiale, 2.000 inalatori e 15.000 pastiglie, quasi tutte riconducibili al marchio della società.

Dopo l’interrogatorio preventivo, nel quale gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, il giudice ha confermato l’applicazione delle misure cautelari. L’inchiesta, sottolineano dalla Procura, è ancora in fase preliminare e richiederà ulteriori accertamenti. Ma il quadro emerso riaccende con forza i riflettori su un fenomeno sommerso e pericoloso, dove il confine tra integrazione, farmaco e doping viene sistematicamente aggirato, con conseguenze potenzialmente devastanti per la salute pubblica.

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