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Cronaca
15 Dicembre 2025 - 15:45
Soffiata sull’inchiesta, a processo l’ex giornalista che avrebbe avvertito Emiliano della perquisizione imminente (foto: Michele Emiliano)
Un’informazione riservata, appresa in redazione, che sarebbe uscita dai confini del lavoro giornalistico per trasformarsi in una soffiata diretta al destinatario dell’indagine. È attorno a questo passaggio delicatissimo, che tocca insieme giustizia, politica e deontologia professionale, che ruota il processo disposto dal Tribunale di Bari nei confronti di Nicola Pepe, ex giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, accusato di favoreggiamento personale ai danni dell’attività investigativa.
La giudice Valentina Tripaldi, al termine dell’udienza predibattimentale, ha rigettato la richiesta di proscioglimento e disposto la prosecuzione del giudizio. Il processo inizierà il 3 aprile 2026 davanti al giudice monocratico Patrizia Gramegna.
Secondo l’impianto accusatorio, sostenuto dalla pm Savina Toscani, Pepe avrebbe rivelato all’allora presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, l’imminenza di una perquisizione domiciliare e negli uffici della presidenza regionale da parte della Guardia di Finanza. Un’informazione che, se confermata in aula, avrebbe inciso direttamente sull’efficacia dell’indagine.
I fatti risalgono al 9 aprile 2019. In quel periodo Emiliano era indagato per finanziamento illecito e abuso d’ufficio in relazione alla campagna elettorale per le primarie del Partito democratico, procedimenti dai quali sarebbe poi stato assolto dal Tribunale di Torino. Proprio mentre la Guardia di Finanza si preparava a eseguire perquisizioni e sequestri di documenti, l’ex giornalista — all’epoca redattore web della Gazzetta del Mezzogiorno — si sarebbe recato negli uffici della presidenza regionale per avvertire Emiliano di quanto stava per accadere.
Un gesto che, secondo la procura, avrebbe provocato “un grave nocumento all’attività investigativa”, costringendo gli inquirenti a rinviare le perquisizioni e consentendo agli indagati di venire a conoscenza dell’esistenza dell’inchiesta e dei provvedimenti in arrivo.
Un elemento centrale del fascicolo riguarda la fonte dell’informazione. Le indagini hanno accertato che Pepe avrebbe appreso la notizia all’interno della redazione, da un collega, Massimiliano Scagliarini, inizialmente indagato e poi definitivamente prosciolto. Scagliarini si è costituito parte civile nel procedimento, assistito dall’avvocato Giovanni Piccoli, sostenendo di essere stato estraneo alla fuga di notizie.
Un dettaglio che pesa nella ricostruzione complessiva è la reazione dello stesso Emiliano, che — secondo quanto emerso — denunciò l’accaduto alla magistratura nello stesso giorno in cui ricevette l’informazione. Un comportamento che, sul piano politico e giudiziario, ha sempre rappresentato uno degli argomenti centrali della difesa dell’ex governatore, ma che non ha impedito alla procura di ritenere consumato il reato di favoreggiamento in capo al giornalista.
Nicola Pepe è difeso dagli avvocati Roberto Eustachio Sisto e Rosario Cristini, che contestano l’impostazione accusatoria e sostengono l’assenza di qualsiasi volontà di interferire con le indagini. Sarà ora il dibattimento a chiarire se quella comunicazione rappresentò una violazione grave dei doveri professionali e penali o un episodio privo di rilevanza criminosa.
Il caso riporta al centro una questione sensibile e mai risolta: il confine tra diritto di cronaca, segreto investigativo e responsabilità individuale. Un confine che, quando viene superato, non mette in discussione solo una singola condotta, ma l’equilibrio stesso tra informazione, potere e giustizia. Il processo di aprile dirà se quella soglia, a Bari, è stata davvero oltrepassata.

Michele Emiliano
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