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18 Agosto 2025 - 21:39
Robert Occhiuto
Le elezioni regionali dell’autunno 2025 assomigliano sempre di più a una partita di risiko complicata e imprevedibile, fatta di mosse rimandate, veti incrociati e personalismi che bloccano ogni decisione. In Puglia lo scenario resta immobile, con Michele Emiliano che non ne vuole sapere di fare “un passo di lato” e continua a pesare come un convitato di pietra sulla scena politica. La sua presenza, pur non potendosi più ricandidare alla presidenza, resta un fattore di condizionamento per l’intero centrosinistra. A cascata, Antonio Decaro, ex sindaco di Bari oggi europarlamentare, non compie il passo avanti che molti si aspettavano: senza la resa definitiva di Emiliano, Decaro non si muove, lasciando l’intero campo progressista pugliese in una situazione di paralisi. Il risultato è una partita a scacchi immobile, con due figure centrali che si scrutano ma non si spostano, mentre i giorni passano e la necessità di un candidato forte per la Regione diventa sempre più urgente.
Se in Puglia il quadro è fermo, in Calabria il tempo corre in maniera implacabile. Qui si voterà a inizio ottobre e mancano ormai meno di venti giorni alla scadenza per la presentazione delle liste. Roberto Occhiuto, presidente uscente, attende sereno, consapevole che l’assenza di un avversario rende la sua ricandidatura quasi blindata. Il centrosinistra non ha ancora un nome ufficiale da contrapporre e il ritardo rischia di trasformarsi in una resa. L’unica figura su cui si concentrano attenzioni e speranze è Pasquale Tridico, europarlamentare del Movimento 5 Stelle ed ex presidente dell’Inps, il cui profilo sembra rispondere alle caratteristiche richieste. Ma Tridico non ha ancora sciolto la riserva: se decidesse di accettare, la coalizione potrebbe ricompattarsi rapidamente intorno al suo nome; se invece scegliesse di restare fuori, la situazione diventerebbe ingestibile, perché altri candidati grillini non sono graditi ai democratici. Per questo la partita calabrese si gioca più a Roma che a Catanzaro, con i vertici nazionali impegnati a trovare un equilibrio tra le necessità locali e i calcoli nazionali.
Anche il Veneto resta al centro delle tensioni politiche. Qui lo scontro tra Lega e Fratelli d’Italia non conosce tregua nemmeno a Ferragosto. Da una parte il partito di Matteo Salvini rivendica la successione naturale a Luca Zaia, sostenendo che la continuità debba essere garantita dal Carroccio; dall’altra il partito di Giorgia Meloni ricorda a ogni occasione, per bocca del coordinatore regionale Luca De Carlo, che il Veneto è la regione in cui FdI ha ottenuto i migliori risultati a livello nazionale, arrivando al 37% contro il 15% della Lega. Per i meloniani, rinunciare alla candidatura significherebbe compiere un atto di straordinaria generosità verso un alleato molto più debole, e dunque difficilmente accettabile. Intanto, lo stesso Zaia continua a tenere tutti sulle spine, senza chiarire se intenda davvero ritirarsi o se preferisca sostenere una sua lista personale, alimentando un clima di incertezza che complica ulteriormente i rapporti interni al centrodestra.
La Toscana offre invece un quadro diverso ma non meno complesso. Qui Eugenio Giani può contare sull’accordo raggiunto tra Pd e Movimento 5 Stelle per sostenere la sua ricandidatura, un’intesa che rafforza l’asse principale del centrosinistra. Tuttavia, il resto del fronte riformista si è sfaldato: Azione, +Europa, Pri e Psi hanno fallito il tentativo di costruire una lista unica “del presidente” e la frammentazione rischia di pesare in campagna elettorale. Come se non bastasse, Marco Rizzo, leader di Democrazia Sovrana Popolare, ha presentato un ricorso al Tar per annullare il decreto di indizione delle elezioni, un’azione di disturbo che contribuisce a rendere ancora più caotico lo scenario.
Roberto Fico
In Campania la situazione non è meno ingarbugliata. Nel centrosinistra il nome di Roberto Fico sembra quello destinato a prevalere, ma il ruolo di Vincenzo De Luca resta centrale. L’ex governatore pretende garanzie precise: vuole mettere mano alle liste, chiede assessorati di peso e addirittura la segreteria regionale del Pd per il figlio Piero. Senza il via libera su questi punti, la sua influenza rischia di bloccare ogni trattativa. Nel centrodestra, invece, la confusione regna sovrana. Fratelli d’Italia oscilla tra la candidatura di Edmondo Cirielli, già individuato mesi fa come possibile cavallo di battaglia, e l’ipotesi di puntare su un profilo civico come l’avvocato Giosy Romano. Forza Italia, dal canto suo, prova a rilanciare con una candidatura femminile suggerita dal segretario regionale Fulvio Martusciello, ma la proposta è stata accolta con scetticismo dagli alleati, tanto che lo stesso Martusciello ha ammesso ironicamente che “quando l’ho avanzata mi hanno guardato come si guardano i matti”.
Il quadro complessivo, dunque, mostra un centrosinistra che fatica a trovare compattezza e un centrodestra che non riesce a imporsi con chiarezza. In Puglia Emiliano resiste e Decaro esita, in Calabria Occhiuto attende senza avversari, in Veneto Lega e Fratelli d’Italia si contendono il dopo-Zaia, in Toscana Giani trova un accordo a metà e in Campania De Luca detta condizioni mentre gli alleati litigano. Tutto questo mentre le scadenze si avvicinano e i cittadini osservano da spettatori uno spettacolo che sembra più una guerra di palazzo che un confronto sul futuro delle regioni.
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Da nord a sud: sono sette le sfide pronte ad accendere l'autunno della politica e che, a estate inoltrata, ancora non sono riuscite a definire tutte le intese.
Ecco la situazione:
VAL D'AOSTA: alle urne ci va il 28 settembre portando al rinnovo anche il sindaco di Aosta. A un mese e mezzo dal voto, però, solo il centrodestra ha un candidato (Giovanni Girardini) mentre autonomisti e progressisti, che da anni governano il capoluogo valdostano, non riescono a trovare un accordo.
VENETO: qui la data resta appesa alla soluzione da trovare nel centrodestra. Se il campo progressista da tempo ha scelto Giovanni Manildo, il dopo-Zaia registra un estenuante braccio di ferro tra Lega e Fdi. L'unica via individuata per risolvere l'intera partita è il tavolo tra leader atteso solo a settembre.
MARCHE: come la Valle d'Aosta al voto a fine settembre (il 28 e il 29). È l'unica delle “sette sorelle” ad aver definiti entrambi i candidati – Francesco Acquaroli (Fi) e Matteo Ricci (Pd) – anche se per arrivare all’ok per il centrosinistra (causa inchieste) il passaggio non è stato semplice.
TOSCANA: urne il 12 e 13 di ottobre. Anche qui percorso a ostacoli per il centrosinistra che alla fine ha confermato Eugenio Giani. Di oggi l’ok all’intesa Pd-M5s, ma anche lo stop del resto del fronte riformista che fa al momento sfumare la lista unica “del presidente”. Il centrodestra sembra aver scelto Alessandro Tomasi, rinviando però l’annuncio ufficiale alla chiusura della partita veneta.
CAMPANIA: niente data del voto e niente intese né nel centrodestra, né nel centrosinistra. Se i primi litigano su chi far correre (Edmondo Cirielli è in pole ma rischia il fuoco amico anche da Fdi), i secondi sfoggiano un’intesa su Roberto Fico che però, da fatta che era, ha subito uno stop da Vincenzo De Luca, determinato a tenere ferma la trattativa finché non otterrà luce verde sulle sue richieste.
PUGLIA: idee più chiare, ma non abbastanza, per centrodestra e centrosinistra. I primi dovrebbero puntare sull’azzurro Mauro D’Attis (in lista anche Andrea Caroppo oppure un civico) mentre su Antonio Decaronessun dubbio, se non quelli dello stesso Decaro nei confronti delle ingombranti presenze di Michele Emiliano e di Nichi Vendola.
CALABRIA: alle urne il 5 e 6 ottobre. Manca ancora lo sfidante di Roberto Occhiuto in attesa che Pasquale Tridico decida se correre o meno. In caso contrario la partita si riaprirebbe con l’incubo di una corsa contro il tempo per presentare le liste il cui termine è tra 20 giorni.
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