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Cronaca
24 Novembre 2025 - 20:02
Neonato (foto di repertorio)
La cronaca di Cirié si inchioda davanti a una vicenda che scuote per brutalità, solitudine e interrogativi ancora senza risposta. Una donna di 38 anni, italiana, con quella che gli investigatori definiscono una vita “piuttosto sregolata” segnata anche dal consumo di stupefacenti, ha partorito nel bagno di casa, accovacciata sul water. Nessun avvertimento, nessun allarme ai familiari. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, sarebbe rimasta spossata e incapace di reagire, lasciando nel water la neonata con la testolina immersa nell’acqua.
A trovarla è stato il fratello, rientrando nell’abitazione di famiglia dove la donna era tornata da qualche mese per convivere con la madre e lo stesso fratello. È lui che, entrando nel bagno irrorato di sangue, ha visto la sorella ancora a terra e quel piccolo corpo riverso, un fagottino che a un primo sguardo non ha riconosciuto subito come una bambina appena nata. La chiamata al 112 è partita in un attimo. Sul posto si sono precipitati i sanitari del 118, che hanno praticato le prime manovre salvavita e sono riusciti a mantenere in vita la piccola.
La neonata è stata trasferita in condizioni critiche all’ospedale Maria Vittoria di Torino, affidata agli specialisti della terapia intensiva neonatale. I medici parlano di condizioni generali definite «stabili», ma il quadro resta estremamente delicato: a quanto risulta, la bimba potrebbe essere rimasta senza ossigeno per molto tempo, forse troppo.
La madre, ancora ricoverata al presidio sanitario di Cirié per gli accertamenti clinici, sarà ascoltata dagli investigatori appena possibile. Nei primi momenti concitati ha riferito ai presenti di non essersi accorta di essere incinta, ribadendo che i dolori che avvertiva erano per lei inspiegabili fino al momento del parto. Le sue parole, riportate dagli operatori, sono state: «Non sapevo di essere incinta». Familiari e conviventi hanno confermato ai carabinieri di essere stati all’oscuro di tutto.
La procura di Ivrea, competente per territorio, ha aperto un’inchiesta e al momento procede con l’ipotesi di tentato infanticidio, un reato che presuppone la volontà di uccidere il neonato. Ma gli stessi magistrati sottolineano la necessità di attendere l’esito delle verifiche cliniche e psicologiche: sulla donna emergono infatti segnali di fragilità mentale che dovranno essere valutati da periti e specialisti.

C’è poi un ulteriore nodo giuridico legato al reato di infanticidio: il codice penale lo colloca in una condizione di “abbandono materiale e morale” della madre, uno stato emotivo e sociale che potrebbe non essere applicabile in questo caso, dato che la donna viveva stabilmente con la propria famiglia. Saranno dunque gli approfondimenti a chiarire se la condotta rientri davvero nella fattispecie di tentato infanticidio o se il quadro dovrà essere ricondotto ad altre ipotesi di reato.
Intanto la città resta sospesa sulla sorte della neonata, mentre carabinieri e magistrati lavorano per ricostruire ogni dettaglio di una vicenda che continua a sollevare dubbi e inquietudini, tra interrogativi sullo stato di salute della donna, sulle sue condizioni psicologiche e sulle ore convulse che hanno preceduto quel ritrovamento drammatico.
La ricostruzione definitiva arriverà solo quando i medici avranno completato gli accertamenti sulla madre e quando la piccola, ora in lotta per la vita, mostrerà segnali che possano chiarire la gravità del danno subito nei minuti in cui è rimasta immersa nell’acqua.
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