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Cronaca
20 Novembre 2025 - 20:11
Antonio Massa davanti al Tribunale di Ivrea
Sono le 23.50 del 30 agosto 2023. È passato appena un minuto da quando un treno lanciato a circa 130 chilometri orari ha travolto cinque operai impegnati su un tratto di binario a Brandizzo. Antonio Massa, tecnico e caposcorta di Rfi, è lì. Ha visto tutto. I corpi strappati via, l’impossibilità di capire dove finisca una vita e ne inizi un’altra. Chiama il Centro Operativo di Chivasso.
La registrazione di quella telefonata, acquisita durante le indagini condotte dalla Pm Valentina Bossi e la collega Giulia Nicodemi della Procura di Ivrea, riproduce una voce che si spezza, sfiata, non riesce più a restare dentro la grammatica di una comunicazione tecnica. È la telefonata che la procura di Ivrea ha inserito tra il materiale probatorio: due terabyte di file che ricostruiscono ogni movimento, ogni scambio, ogni telefonata di quelle drammatiche ore.
Le parole della telefonata delle 23,50 - durata 50 secondi appena - sono queste, tutte, senza tagli:
Massa: «Puttana! Sti ragazzi… Minchia, ho detto cazzo, aspettate, cazzo».
Centrale (donna): «Tutto a posto?»
Massa: «No, sto treno che è passato… credevo non ci fossero più treni e ha preso le persone. Le ha investite, cazzo. Chiamate la Polfer, chiamate tutti. Porca puttana!»
Centrale: «Ok, chiamiamo».
Massa: «Ma non era l’ultimo treno quello che…»
Centrale: «No, te l’avevamo detto. Ce n’era uno alle 23.50. Era ancora dentro l’interruzione».
Massa: «Mamma mia, cazzuola».
Centrale: «Chiamiamo, chiamiamo».
Massa: «Porca vacca, minchia, qua porca vacca, hanno perso la vita cazzuola».
Sono frasi che non hanno bisogno di analisi: si collocano da sole nel buio di Brandizzo, un minuto dopo che cinque uomini — Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa, Kevin Laganà — sono stati travolti senza il tempo di voltarsi, correre o capire.
Massa è lì, di fronte ai corpi. La scena è così violenta che, nei mesi successivi, gli specialisti del Ris e quelli della medicina legale lavoreranno con il Dna su ogni frammento recuperato lungo i binari per riuscire a ricomporre ciò che resta delle vittime.
Ma questa telefonata è la quinta e ultima di una sequenza iniziata più di un’ora prima. Serve per mettere a fuoco cosa accadde nelle fasi immediatamente precedenti, quando si sarebbe dovuto decidere se il binario era libero, se la linea era interrotta, se gli operai potevano mettersi a lavorare.

22.29.
Massa contatta il Centro Chivasso per preparare i lavori di manutenzione. Chiede un’interruzione tecnica programmata tra Chivasso e Settimo. Dalla centrale spiegano che l’ultimo treno è previsto per le 23.40, salvo ritardi o merci. I due si accordano per sentirsi intorno alle 23.30 per un aggiornamento.
23.27.
Arriva la verifica. Massa domanda l’orario esatto dell’ultimo treno. Dal Centro Chivasso confermano: il transito è previsto alle 23.48. Massa chiede se dopo quell’ora potrà inoltrare la richiesta di interruzione. La risposta è sì. Si aggiorneranno ancora.
23.46.
Massa richiama: vuole attivare la procedura di interruzione. La centrale gli chiede l’intervallo desiderato, spiegando che deve controllare un eventuale treno merci e consultare il dirigente della circolazione. Massa indica una finestra: 23.55–2.00. Il Centro promette di richiamare.
23.47.
La formalizzazione. Dalla centrale avvertono che c’è un treno merci programmato all’1.30. L’interruzione va collocata prima o dopo quell’orario. Dopo una breve discussione, si opta per la fascia prima dell’1.30. L’interruzione viene richiesta dalle 00.01 alle 1.30.
Fin qui, dunque, la finestra di sicurezza non è ancora scattata. È stata solo richiesta, non attivata. La linea, alle 23.50, è tecnicamente ancora aperta.
E infatti il treno passa. Investendo gli operai che, secondo la ricostruzione, si trovavano già sui binari prima dell’interruzione ufficiale.
La strage di Brandizzo è diventata il simbolo della fragilità del sistema di sicurezza nelle lavorazioni ferroviarie. Cinque morti, nessun margine di salvezza, un’intera catena di controlli che — secondo la Procura — si sarebbe spezzata in più punti.
A luglio scorso la Procura di Ivrea ha chiuso l’inchiesta: 24 indagati, tra cui 21 persone e tre società: Rfi, Sigifer, Clf.
Ottanta terabyte di dati raccolti: intercettazioni, video, immagini, tracciati, turni, protocolli, documenti tecnici, testimonianze.
Il nodo resta quello della sequenza finale: perché gli operai erano già sui binari quando l’interruzione non era ancora attiva?
Chi avrebbe dovuto dare il via libera?
Chi avrebbe dovuto impedirlo?
La telefonata delle 23.50 non dà risposte. E' il quadro del disastro. È la voce di chi ha appena visto accadere l’irreparabile e sa che niente, da quel momento in poi, potrà giustificare il vuoto tra un ordine di servizio e cinque vite spezzate.
IL LICENZIAMENTO DI MASSA
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