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Cronaca
19 Novembre 2025 - 09:52
Frode all’IVA da 90 milioni smantellata: sequestri per 19 milioni, arresti e obblighi di dimora
Un’operazione congiunta della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Firenze, coordinata dalle Procure europee di Bologna e Torino, ha portato alla scoperta di una frode all’IVA stimata in circa 90 milioni di euro, con provvedimenti cautelari che comprendono due custodie in carcere, quattro obblighi di dimora e il sequestro di beni per 19 milioni di euro. L’indagine ha preso di mira un’organizzazione criminale di origine cinese che, attraverso un sofisticato meccanismo di import-export, avrebbe “inquinato” il mercato europeo con merci sottratte al pagamento dei diritti di confine e dell’IVA.
Secondo quanto comunicato dalle autorità, la rete utilizzava un intreccio di società e strumenti operativi finalizzati a sfruttare normative doganali e fiscali, aggirando il regime del “regime doganale 42”, che consente l’immissione in libera pratica di beni in uno Stato membro dell’UE senza pagamento immediato dell’IVA, a condizione che questi siano destinati ad un altro Stato membro. In realtà, la merce – prevalentemente abbigliamento, calzature, borse e altri accessori – veniva sdoganata in Paesi come Bulgaria, Ungheria o Grecia, per poi essere trasferita in Italia e venduta sul mercato nazionale senza l’applicazione dell’IVA. Le società coinvolte erano spesso costituite per un breve periodo (circa due anni), per poi essere chiuse e sostituite da nuovi soggetti, affinché i controlli fiscali restassero marginali.

Il modus operandi prevedeva emissione di fatture per operazioni inesistenti, cessioni intracomunitarie fittizie tra operatori fantasma, e un sistema parallelo di trasferimento di denaro verso l’estero – in particolare verso la Cina – con l’intermediazione occulta di servizi finanziari abusivi offerti alla comunità cinese residente in Italia. Le 29 società che avrebbero agito come terminali del sistema avevano sede nelle province di Firenze, Prato e Roma; al vertice compariva una coppia di imprenditori cinesi perfettamente integrata nel tessuto economico italiano.
Il valore della frode scoperta supera i 90 milioni di euro, secondo gli atti dell’operazione, mentre le misure cautelari attuali sono state emesse su sequestro preventivo per un ammontare di circa 19 milioni. Le discrepanze rispetto ad altre fonti, che parlano di sequestri per oltre 70 milioni, indicano che l’indagine è in continua evoluzione e che ulteriori beni potrebbero essere individuati nei prossimi mesi.
L’attività investigativa coinvolge la cooperazione internazionale su più fronti: la base operativa italiana, il coordinamento europeo, e lo sfruttamento di hub logistici all’estero per aggirare i controlli doganali. La struttura individuata appare come un ibrido tra il commercio legale e l’economia sommersa, con prodotti cinesi che entravano sul mercato italiano in modalità illegali, determinando un vantaggio competitivo illecito e contemporaneamente una perdita ingente per le casse dello Stato.
Le procure coinvolte – quelle di Bologna e Torino – sottolineano che la frode va ben oltre il solo ambito tributario: gli investigatori parlano di una vera e propria “infiltrazione” nel mercato europeo di merci sottratte al diritto di confine, con gravi ripercussioni sulla concorrenza, sul sistema fiscale e sulla legalità delle importazioni. Le autorità precisano che vige, naturalmente, la presunzione di innocenza per tutti gli indagati.
L’azione segna una risposta significativa dello Stato alla minaccia dell’evasione e alla sofisticazione dei meccanismi criminali che si avvalgono dell’interconnessione tra dogane, economia reale e circuiti finanziari paralleli. Il valore dei beni sequestrati e della frode rilevata fa emergere la dimensione sistemica dell’elusione fiscale internazionale. Le indagini proseguono per ricercare eventuali ulteriori ramificazioni della rete e recuperare le somme evase.
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