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Cronaca
08 Novembre 2025 - 21:12
Polizia Locale (foto d'archivio)
Il lungo braccio di ferro tra l'ex agente di polizia municipale Paolo Busso e il Comune di Volpiano è approdato nelle aule del Tribunale di Ivrea. Dopo anni di indagini, sospensioni, sentenze e ricorsi, il caso dell’ex agente della Polizia municipale è entrato nella fase giudiziaria più delicata: quella del processo per il reintegro.
Venerdì 31 ottobre si è tenuta la prima udienza, rinviata più volte nei mesi scorsi, davanti al giudice del lavoro Andrea Ghio. In aula era presente lo stesso Busso, 57 anni, assistito dal suo legale, l’avvocato Roberto Carapelle. A rappresentare l’amministrazione comunale, il segretario Ezio Ivaldi, delegato del sindaco Giovanni Panichelli, insieme ai legali Giulio Calosso e Adelaide Piterà. Entrambe le parti hanno chiesto di poter sentire testimoni, e sarà ora il giudice a decidere se aprire formalmente l’istruttoria o passare direttamente alla discussione.
Busso aveva indossato la divisa della Polizia municipale di Volpiano dal 2001, con una parentesi a Settimo Torinese tra il 2012 e il 2014. Fino al 2021 la sua carriera era stata priva di ombre. Poi, il suo nome compare nell’inchiesta «Platinum», un’indagine che aveva portato alla luce presunti rapporti di favore tra alcuni pubblici ufficiali e un gruppo di imprenditori locali.
Per Busso, i guai iniziano con l’accusa di aver favorito Giuseppe Vazzana in sei verbali amministrativi e di aver effettuato un accesso non autorizzato alla banca dati dell’anagrafe comunale. Nel maggio dello stesso anno, l’Ufficio procedimenti disciplinari del Comune apre un fascicolo a suo carico: il vigile viene collocato in ferie forzate e sospeso per venti giorni senza retribuzione.
Il procedimento interno, tuttavia, non si ferma qui. Nel marzo 2022, dopo la condanna in primo grado – nove mesi per accesso abusivo e tre mesi per abuso d’ufficio – l’amministrazione apre un nuovo procedimento disciplinare che porterà, nel maggio 2024, al licenziamento dell’agente.
L’avvocato Carapelle non ha dubbi: «Il secondo procedimento è viziato per tardività – spiega – perché tutti i fatti contestati erano già stati oggetto del primo. Il Comune non poteva riaprire il capitolo disciplinare su condotte già valutate. È una violazione del principio del ne bis in idem, non si può punire due volte la stessa condotta».

Il sindaco di Volpiano Giovanni Panichelli
La difesa sostiene inoltre che i comportamenti attribuiti a Busso non configurino dolo, ma semmai errori materiali o leggerezze, non tali da giustificare un licenziamento. «Per i tre episodi posti a fondamento del provvedimento – prosegue Carapelle – sono state fornite spiegazioni chiare e documentate. In alcuni casi i fatti non sono stati commessi, in altri si è trattato di distrazioni senza alcuna volontà di favorire terzi. Parliamo di condotte che non minano in alcun modo il rapporto fiduciario tra dipendente e amministrazione».
Dall’altra parte, la linea del Comune resta ferma. Dopo la sentenza d’appello dell’ottobre 2024, che aveva fatto decadere il reato di abuso d’ufficio – ormai depenalizzato – e ridimensionato l’accesso abusivo a “fatto di particolare tenuità”, sembrava che la vicenda fosse destinata a chiudersi. Ma ad aprile 2025 è arrivata la Cassazione, che ha annullato la sentenza e disposto un nuovo processo di secondo grado.
In attesa del nuovo giudizio penale, il Comune ha riaperto il procedimento disciplinare, sospeso nel febbraio 2024 e ripreso nel gennaio 2025. E ha confermato la linea del rigore. «Il danno d’immagine subito dall’ente è stato notevole – ha spiegato l’avvocato Giulio Calosso –. Al di là delle vicende giudiziarie, la figura di Busso è stata associata pubblicamente a episodi di favoreggiamento nei confronti di Giuseppe Vazzana. Era impossibile proseguire il rapporto di lavoro in un contesto dove il rapporto fiduciario era ormai compromesso».
Una posizione, quella dell’amministrazione Panichelli, che non lascia spazio a compromessi: secondo il Comune, la misura del licenziamento era inevitabile, non solo per motivi di immagine, ma anche per tutela dell’integrità dell’ente.
Il giudice Ghio dovrà ora valutare se riaprire l’istruttoria ascoltando i testimoni proposti dalle parti o se passare direttamente alla decisione. Un passaggio tecnico che, in realtà, deciderà la sorte di un conflitto che dura ormai da quattro anni e che ha lasciato strascichi profondi tanto sul piano umano quanto su quello amministrativo.
Busso, nel frattempo, continua a proclamarsi innocente e a chiedere soltanto di «tornare a lavorare dove ha servito per oltre vent’anni». Il Comune, invece, rivendica la necessità di difendere la credibilità della Polizia municipale e l’immagine dell’istituzione.
Due verità che si affrontano in tribunale, separate da un solco che non è solo giuridico, ma anche simbolico: da una parte un ex vigile che chiede una seconda possibilità, dall’altra un’amministrazione che teme che concederla significhi perdere la fiducia dei cittadini.
Il processo per il reintegro è solo all’inizio, ma già promette di diventare un caso emblematico su come le amministrazioni pubbliche gestiscono il confine tra giustizia penale e disciplina interna. La sentenza, quando arriverà, dirà se Paolo Busso potrà tornare a indossare la divisa o se il suo capitolo a Volpiano è definitivamente chiuso.
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