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Cronaca
22 Ottobre 2025 - 22:23
Giusto Falchero il giorno del suo pensionamento, nel 2001
Per tutti era semplicemente il maestro. Un titolo non attribuito, ma guadagnato giorno dopo giorno tra zucchero, glassa e rigore artigiano. Giusto Falchero, l’uomo che a Torino inventò la pasticceria mignon, è morto all’età di 95 anni, lasciando un’eredità che continua a vivere nelle vetrine e nei laboratori di tutta Italia. I funerali si sono svolti nella parrocchia SS. Annunziata, a pochi passi dalla sua casa di via Po, nel quartiere che per decenni lo aveva visto all’opera nel suo celebre laboratorio di via San Massimo 4.
Per oltre mezzo secolo, Falchero ha plasmato con mani meticolose e mente visionaria pasticcini-gioiello decorati con primizie di bosco, mandorle da confetto e combinazioni di sapori allora impensabili. La sua fu una rivoluzione silenziosa: inventare un dolce minuscolo, elegante, perfetto in ogni dettaglio. Una sfida di equilibrio e proporzione che, nel tempo, avrebbe definito l’identità stessa della pasticceria torinese.
L’approccio di Falchero era fondato su un rigore assoluto. Ogni vassoio, raccontano i suoi allievi, poteva contenere oltre cento creazioni diverse, ciascuna delle quali non doveva superare i dieci grammi. L’obiettivo era offrire un universo di gusto concentrato in un solo boccone, dove tecnica e fantasia si incontravano in una forma d’arte quasi musicale.
Il suo punto di forza era la freschezza. Nel laboratorio di via San Massimo le paste venivano preparate due o tre volte al giorno, senza mai ricorrere al congelamento. Falchero rifiutava l’uso degli abbattitori di temperatura, convinto che un dolce dovesse vivere e morire nel giro di poche ore, conservando la fragranza e la consistenza originali.
Nel suo regno di zucchero non mancavano incursioni nel salato: accanto ai baci di dama mignon, alle torte alla frutta e ai trionfi di meringhe, comparivano tartine gelatinate e pan brioche ripieni di salmone, veri esempi di equilibrio tra gusto e leggerezza. La sua crema cotta a bagnomaria, preparata in speciali pentole dal fondo d’acqua, era considerata un segreto professionale: una consistenza spumosa e impalpabile che nessun altro riusciva a replicare.
Falchero fu anche un innovatore precoce, capace di intuire tendenze con decenni d’anticipo. Cinquant’anni fa utilizzava già il frutto della passione, oggi comune nelle cucine di tutto il mondo ma allora una rarità assoluta. La sua filosofia era semplice e spiazzante: offrire sempre qualcosa di nuovo, evitare la ripetizione, trasformare la tradizione in sorpresa.
Il laboratorio di via San Massimo, luogo di pellegrinaggio per gourmet e curiosi, chiuse definitivamente il 31 dicembre 2001, nella notte di Capodanno. Con lui e con la moglie Gianna, si spensero le luci di una delle botteghe più amate della città, dove ogni pasticcino era un piccolo racconto di passione e disciplina.
Oggi, mentre la città lo ricorda come uno dei simboli della pasticceria torinese, resta l’immagine di un artigiano discreto, perfezionista, capace di elevare un gesto quotidiano – mordere un dolce – a un’esperienza di stile. Giusto Falchero non ha soltanto inventato i mignon: ha insegnato a Torino la misura dell’eleganza anche nel gusto.
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