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Cronaca

Furto al cimitero di Chivasso: rubati rame e un veicolo comunale. "Non servono le teste di cuoio"

Il furto accende il dibattito sulla sicurezza in città: «Serve un presidio costante, non slogan» ammonisce il consigliere comunale Bruno Prestia

Furto al cimitero di Chivasso: rubati rame e un veicolo comunale. "Non servono le teste di cuoio"

Non hanno avuto scrupoli. Nella notte tra sabato 18 e domenica 19 ottobre, alcune persone sono entrate nel cimitero di Chivasso e hanno portato via tutto ciò che potevano: rame, materiali metallici e perfino un veicolo comunale, un Piaggio Porter usato per i lavori di manutenzione. Un colpo rapido, metodico, che ha trasformato il camposanto in una scena di razzia. Al mattino, il personale addetto alla manutenzione ha trovato canaline divelte, grondaie smontate: segni inequivocabili di un furto pianificato, consumato in poche ore.

I ladri, secondo le prime ricostruzioni, sarebbero entrati forzando un accesso laterale, muovendosi al buio tra i vialetti del cimitero. Hanno prelevato il rame, lo hanno caricato sul piccolo mezzo comunale e si sono dileguati senza lasciare tracce. Solo all’alba, quando gli operatori hanno riaperto il cancello, è stato chiaro l’entità del danno: un furto doppio, materiale e morale. Perché qui, oltre al metallo, è stato sottratto qualcosa di più profondo — il rispetto per i defunti e per un luogo di raccoglimento che dovrebbe restare intoccabile.

Sul posto sono intervenute le forze dell’ordine, che hanno avviato i rilievi e acquisito le immagini delle telecamere di sorveglianza. Gli investigatori non escludono che si tratti di una banda specializzata nei furti di rame, che da tempo colpisce nei comuni della cintura torinese.

La vicenda ha provocato reazioni immediate. Il consigliere comunale Bruno Prestia ha espresso indignazione e rabbia per l’ennesimo episodio di microcriminalità: «Chivasso è ancora vittima della delinquenza. Nemmeno i morti vengono lasciati in pace. Serve un aumento dei controlli e una presenza costante sul territorio. Non servono le teste di cuoio, ma presidio e deterrenza più ampia».

Le parole di Prestia richiamano indirettamente quelle, ormai famose, del sindaco Claudio Castello, che qualche settimana fa, rispondendo alle critiche sull’insicurezza in città, aveva detto con tono amaro: «Cosa posso fare io? Posso mica chiamare le teste di cuoio!» Una battuta che oggi, dopo il furto al cimitero, suona come una resa più che una provocazione.

Il consigliere di opposizione, Bruno Prestia

Non è la prima volta che il camposanto diventa bersaglio dei ladri. Negli ultimi anni si sono verificati furti di rame e atti vandalici ai danni di tombe e cappelle, episodi che si sommano a effrazioni, furti nei magazzini comunali e danneggiamenti in varie zone della città. Tutti fatti che, uno dopo l’altro, compongono il quadro di una sicurezza urbana fragile, dove la microcriminalità agisce indisturbata e il senso di impunità cresce.

Le forze dell’ordine stanno intensificando i controlli, ma l’impressione diffusa è che serva qualcosa di più. Il Comune sta valutando di potenziare illuminazione e videosorveglianza, soprattutto nei luoghi sensibili, ma per molti cittadini il problema è ormai diventato culturale: “Si è perso ogni limite, non si rispetta più nulla”, ha commentato un residente all’ingresso del cimitero.

Il furto del Piaggio Porter, simbolo di una quotidianità operosa e civile, è diventato per molti un paradosso amaro: persino il mezzo usato per mantenere decoroso il luogo della memoria è stato rubato. E in questo gesto, piccolo e insieme devastante, si riflette il senso più profondo di una città che fatica a proteggere sé stessa — e i suoi morti.

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