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Cronaca

Parroco accusato di aver sottratto 185mila euro dalle offerte: il vescovo Olivero in aula a Pinerolo

“Se sarà condannato per appropriazione indebita, prenderò altri provvedimenti”: il monito del vescovo dopo la testimonianza contro don Paolo Bianciotto, ex parroco della Madonna di Fatima

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Parroco accusato di aver sottratto 185mila euro dalle offerte: il vescovo Olivero in aula a Pinerolo

Si è presentato in aula con tono fermo ma visibilmente provato monsignor Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, per testimoniare nel processo che vede imputato don Paolo Bianciotto, ex parroco della chiesa della Madonna di Fatima, accusato di aver sottratto 185 mila euro dalle casse parrocchiali tra il 2018 e il 2021. Una vicenda che ha scosso nel profondo la diocesi e la comunità locale, travolgendo la figura di un sacerdote per anni considerato punto di riferimento pastorale e sociale.

«Se sarà condannato per appropriazione indebita, prenderò altri provvedimenti» ha dichiarato il vescovo in aula, sottolineando la gravità morale e istituzionale del caso. Le sue parole, pronunciate davanti ai magistrati del Tribunale di Torino, hanno segnato un momento di forte discontinuità: la Chiesa pinerolese, dopo mesi di silenzio prudente, prende posizione netta di fronte a un episodio che, al di là del rilievo penale, ha incrinato la fiducia dei fedeli.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, don Bianciotto, oggi 82enne, avrebbe gestito in modo del tutto personale e opaco le finanze parrocchiali, prelevando sistematicamente somme dalle offerte e dai fondi destinati alla comunità. Gli investigatori parlano di movimenti di denaro non giustificati, accumulatisi nell’arco di tre anni per un totale stimato di 185 mila euro.

Il sacerdote, che in passato aveva maturato debiti ingenti a seguito di un’attività imprenditoriale fallimentare nel settore turistico e della ristorazione, avrebbe utilizzato parte di quel denaro per ripianare passività personali e sostenere operazioni economiche discutibili. Dalle indagini è emerso un quadro di bonifici per circa 800 mila euro destinati a un’amica ed ex socia, utilizzati per finanziare acquisti di immobili, auto e attività commerciali tra Piemonte e Liguria.

La vicenda è emersa progressivamente, grazie alle segnalazioni di alcuni parrocchiani e ai controlli disposti dalla curia. Quando le incongruenze contabili sono diventate evidenti, il vescovo Olivero ha deciso di allontanare don Bianciotto dalla guida della parrocchia, inviandolo per quasi due anni in un centro di recupero a Biella. Oggi il sacerdote è tornato a Pinerolo, dove celebra messa privatamente, senza incarichi pastorali ufficiali.

In aula, il vescovo ha ribadito che la scelta di sospenderlo dalle funzioni non è stata punitiva ma necessaria: «Abbiamo agito per tutelare la comunità e per permettergli un percorso di riflessione e recupero. Ma se la condanna verrà confermata, sarà inevitabile un provvedimento più severo.»

Il processo, che si sta celebrando davanti al Tribunale di Torino, entra ora nella fase cruciale: le perizie contabili e bancarie dovranno stabilire con precisione l’entità delle somme distratte e la loro destinazione. I legali del sacerdote sostengono che non vi sia stata appropriazione, ma una “gestione disordinata e personale” dei fondi della parrocchia, in assenza di una contabilità formalmente regolamentata. Tuttavia, gli inquirenti avrebbero trovato tracce di versamenti diretti su conti personali, oltre a operazioni immobiliari riconducibili al prelato o a persone a lui vicine.

Il caso di don Bianciotto, già definito dai media locali come “la vicenda delle elemosine sparite”, rappresenta una ferita profonda per la diocesi di Pinerolo, che negli ultimi anni aveva cercato di ricostruire un rapporto di fiducia con le comunità più periferiche. La chiesa della Madonna di Fatima, costruita negli anni Sessanta nel quartiere popolare della città, è sempre stata un punto di riferimento per anziani, famiglie e persone in difficoltà.

L’amarezza dei parrocchiani è palpabile. «Abbiamo creduto in lui – ha raccontato una volontaria storica della parrocchia – e non riusciamo ancora a capire come sia potuto accadere. Quelle offerte erano destinate a chi aveva bisogno, non a operazioni speculative.»

Un sentimento di smarrimento che il vescovo Olivero, da tempo impegnato sul fronte della trasparenza amministrativa delle parrocchie, ha riconosciuto pubblicamente. Già in passato, la diocesi di Pinerolo aveva avviato una ricognizione interna sui bilanci ecclesiastici, invitando i parroci a un uso più rigoroso dei fondi e a una contabilità condivisa con i consigli parrocchiali.

Il caso di don Bianciotto, però, mostra quanto possa essere fragile il confine tra autonomia pastorale e responsabilità economica. L’imputato, infatti, godeva di grande libertà gestionale, accumulata nel corso degli anni e mai messa in discussione fino ai primi sospetti nel 2021.

Il processo proseguirà nelle prossime settimane con la deposizione dei consulenti bancari e la verifica dei movimenti sui conti correnti. In parallelo, la Curia pinerolese attende l’esito per valutare i provvedimenti canonici da adottare.

«La Chiesa non si sottrae alla giustizia – ha ricordato monsignor Olivero –. Se un prete sbaglia, deve rispondere come ogni cittadino. Ma non dimentichiamo la dimensione umana e spirituale: anche chi ha sbagliato deve poter trovare una via di conversione e riconciliazione.»

Parole che riassumono il doppio peso di questa storia: quello del dolore e quello della responsabilità. In attesa della sentenza, resta l’immagine di una comunità ferita ma determinata a fare chiarezza, e di un vescovo che ha scelto di non nascondersi dietro il silenzio, affrontando in prima persona una delle pagine più difficili della sua diocesi.

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