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10 Ottobre 2025 - 10:59
Falco di palude muore agli Stagni di Belangero: indagine sull’ombra del bracconaggio
Un falco di palude agonizzante, adagiato sull’erba ai margini di un bosco, incapace di riprendere il volo. È l’immagine che resta dagli Stagni di Belangero, nell’Astigiano, dove il rapace è stato trovato ferito e dove, nonostante i tentativi di salvarlo, è morto dopo due notti. Una vicenda che riporta l’attenzione sul fenomeno del bracconaggio nelle aree naturali protette, con un’informativa già trasmessa alla Procura della Repubblica di Asti.
Il falco è stato rinvenuto su un prato all’interno della zona tutelata, in condizioni disperate: zoppicante, disidratato e denutrito, con un’ala spezzata e una ferita con un foro netto e passante. Gli elementi emersi sin dal primo sopralluogo hanno fatto ipotizzare che non si trattasse di un incidente naturale, ma di un colpo d’arma da fuoco.
A soccorrerlo sono stati Giovanni Grasso, volontario della Lipu, e Alessandro Lago, guardiaparco dell’ente di gestione, intervenuti dopo una segnalazione di passanti. Il rapace è stato trasferito al Centro di recupero della fauna selvatica di Tigliole d’Asti, dove è stato immediatamente sottoposto alle cure veterinarie: l’ala è stata steccata, l’animale alimentato artificialmente e idratato con un sondino. Ma le sue condizioni erano ormai compromesse. Dopo due notti di osservazione, il falco non ce l’ha fatta.
Il decesso ha innescato la trasmissione di un’informativa alla Procura, che ora dovrà accertare le responsabilità e verificare la presenza di episodi di bracconaggio sistematico nell’area. L’ipotesi più accreditata è che il colpo sia stato esploso da distanza ravvicinata, forse durante un’azione di caccia abusiva, pratica ancora diffusa nonostante i divieti.
Gli Stagni di Belangero, area di grande pregio naturalistico, sono un punto di riferimento per l’avifauna del Piemonte meridionale: habitat di aironi, nitticore, anatidi e rapaci migratori, come appunto il falco di palude, specie protetta e preziosa sentinella ecologica degli ecosistemi umidi. Vederla morire sotto i colpi di un fucile significa colpire non solo un singolo animale, ma l’equilibrio stesso di un ambiente fragile.
La Lipu e i guardiaparco sottolineano come il rapido intervento della rete di soccorso dimostri la presenza di competenze e impegno, ma anche la necessità di rafforzare il controllo e la vigilanza in aree spesso troppo estese per essere presidiate con continuità. Episodi come questo segnalano un vuoto di tutela che non è solo normativo, ma culturale: la difficoltà di garantire il rispetto della fauna anche laddove la protezione è sancita dalla legge.
Dietro ogni animale ferito, spiegano gli operatori, ci sono ore di lavoro, passione e risorse. E dietro ogni morte c’è la frustrazione di chi ogni giorno cerca di difendere una biodiversità messa a rischio non solo da inquinamento e urbanizzazione, ma anche da gesti deliberati di violenza e indifferenza.
Il fascicolo aperto in Procura dovrà chiarire se il colpo che ha ferito il rapace sia stato esploso da un singolo bracconiere o se esista un contesto più ampio di caccia illegale nella zona. Intanto resta la fotografia di un falco immobile sull’erba, immagine che diventa simbolo di una domanda aperta: quanto vale, davvero, la vita degli animali che popolano le nostre aree protette?
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