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Cronaca

Scontri a Caselle al corteo pro Palestina: 10 feriti tra i manifestanti, 2 tra i poliziotti

Marcia pro-Palestina a Torino degenera in scontri con la polizia: lacrimogeni, idrante, feriti e chiusura della superstrada per Caselle.

Scontri al corteo pro Palestina: 10 feriti tra i manifestanti. Idranti, lacrimogeni e l’assalto alla superstrada per Caselle

Scontri al corteo pro Palestina: 10 feriti tra i manifestanti. Idranti, lacrimogeni e l’assalto alla superstrada per Caselle

È una giornata di rabbia e di tensione, scandita da cori e scontri che hanno trasformato Torino e il suo aeroporto in un palcoscenico di protesta internazionale. Il corteo pro Palestina, partito dal capoluogo con l’obiettivo dichiarato di raggiungere lo scalo Sandro Pertini di Caselle, non ha mai smesso di cercare varchi, deviazioni e scorciatoie per portare la propria voce fin sotto i cancelli. Migliaia di persone in cammino fin dal primo pomeriggio, bandiere al vento e slogan contro Israele e contro le aziende accusate di collaborare alla filiera bellica.

Il momento più critico è esploso in strada dell’Aeroporto. Davanti ai manifestanti un muro umano: reparti mobili in assetto antisommossa, scudi, caschi, un idrante pronto all’uso e un elicottero che sorvolava la zona a bassa quota. In un primo momento dal corteo è arrivato un appello quasi ingenuo: “Siete pregati di farci passare, lo chiediamo alla vostra umanità”. Poi la situazione è precipitata. Dalle prime file sono partite bottiglie di vetro, sassi, fumogeni, torce, persino le aste delle bandiere. Dall’altra parte la risposta è stata immediata e brutale: getti d’acqua che hanno spazzato via i primi ranghi e nuvole di lacrimogeni che hanno costretto la folla ad arretrare tra fumo e bruciore agli occhi.

Il bilancio, secondo gli organizzatori, parla di dieci feriti tra i manifestanti. Nessun intervento del 118: a occuparsene è stata un’auto sanitaria improvvisata, messa in piedi dagli stessi attivisti con sacche di ghiaccio, disinfettanti e bottiglie d’acqua. Una scena che mostra insieme il grado di preparazione e la precarietà di un movimento che sa di dover contare solo su sé stesso. Anche la polizia ha contato due feriti tra gli agenti.

La marcia, però, non si è dispersa. Alcuni gruppi hanno tentato strade alternative, rendendo la protesta imprevedibile come una partita a scacchi. Una cinquantina di persone è riuscita a raggiungere Borgaro Torinese, a metà del percorso verso l’aeroporto; un centinaio in bicicletta ha imboccato la superstrada per Caselle, aggirando momentaneamente i blocchi. Le autorità hanno reagito chiudendo la direttrice per lo scalo, consentendo l’accesso solo ai passeggeri muniti di biglietto e carta d’imbarco. Altri manifestanti, circa cinquanta, sono arrivati fin quasi alle reti della pista, vicino al cimitero di Caselle, ma sono stati allontanati dalla polizia e spinti verso la provinciale 2, presidiata a sua volta dagli agenti.

Il corteo non si è fermato. Dopo ore di tentativi, deviazioni e scontri, verso le 18.30 i manifestanti hanno scelto di rientrare in città. In corso Giulio Cesare, mentre la colonna avanzava verso Porta Palazzo, si è registrato un altro episodio: da un balcone sventolava una bandiera israeliana e qualcuno, dal corteo, ha lanciato bottiglie di vetro. Nessuna è andata a segno, ma il gesto è stato subito bloccato dagli stessi organizzatori che hanno invitato a “non cadere in provocazioni”. Un monito che la dice lunga sul clima infuocato della giornata, sospesa tra rabbia, simboli e tensione costante.

Alle 19 il cuore del corteo è arrivato a Porta Palazzo, ancora in migliaia. Bandiere bagnate, corpi stanchi, occhi arrossati dal fumo, ma cori che non hanno mai smesso di scandire parole di solidarietà alla Palestina. Torino e il suo aeroporto hanno conosciuto così un sabato diverso: non solo la mobilitazione di una piazza, ma una sfida in movimento, metro dopo metro, contro i limiti imposti dalle forze dell’ordine. Una sfida che, almeno per oggi, non è riuscita a varcare i cancelli di Caselle ma che ha inciso profondamente sulla città, sulla viabilità, sull’immaginario di chi ha visto sventolare quelle bandiere anche sotto gli idranti e i lacrimogeni.

Insomma, una giornata che resterà impressa come l’ennesimo capitolo di una protesta che non conosce tregua, fatta di coraggio e di tensioni, di rabbia e di simboli, con Torino trasformata – ancora una volta – in teatro della solidarietà internazionale.



La situazione rimane tesa e in continua evoluzione. Il corteo, pur ferito e rallentato, non ha rinunciato al proprio obiettivo: gli organizzatori hanno ribadito la volontà di trovare altre strade per arrivare a Caselle, trasformando la giornata in una sorta di partita a scacchi tra manifestanti e forze dell’ordine. Una sfida che si gioca metro dopo metro, tra slogan, urla, spostamenti improvvisi e barriere mobili.

Intanto le immagini scorrono: le bandiere palestinesi che continuano a sventolare, i cori che non si fermano nonostante gli scontri, i feriti che cercano riparo nell’auto sanitaria improvvisata. E Torino, con il suo aeroporto sotto pressione, diventa il palcoscenico di una nuova giornata di mobilitazione, segnata da tensione, solidarietà internazionale e una determinazione che non sembra destinata a spegnersi nelle prossime ore.

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