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Cronaca
22 Settembre 2025 - 18:40
Il capitano della stazione dei carabinieri di Ivrea
La notizia è arrivata oggi, 22 settembre: il gip ha convalidato i fermi e disposto la custodia cautelare in carcere per i quattro uomini accusati dell’agguato a Giovanni D’Angelo, il 63enne di Favria raggiunto da tre colpi di pistola la sera del 18 settembre. Restano dietro le sbarre Pasquale Colosimo, 54 anni, ritenuto l’autore materiale della sparatoria, i figli Gilberto (35) e Alessandro (29), e Andrea Racco (40). Tutti italiani, già noti alle forze dell’ordine, ora formalmente indagati per tentato omicidio e detenzione abusiva di armi.
La svolta giudiziaria conferma il quadro che i carabinieri avevano delineato in poche ore, grazie a un’indagine rapidissima condotta dalla Compagnia di Ivrea, guidata dal capitano Armir Gjeci, con il supporto del Reparto Operativo di Torino e delle unità cinofile di Volpiano. Fondamentali, in questo lavoro, le telecamere comunali e private, che hanno ripreso l’intera sequenza dell’agguato: dall’arrivo del commando in corso Matteotti alla fuga precipitosa a bordo dell’auto.
Tutto era accaduto pochi minuti prima delle 22. Quattro uomini scendono da una macchina a pochi metri dal Municipio, aprono il fuoco a volto scoperto e colpiscono D’Angelo al volto, all’addome e a una gamba. Con lui c’era il figlio Giuseppe, rimasto illeso. La moglie e il ragazzo lo hanno caricato in auto e portato al pronto soccorso di Cuorgnè; da lì, vista la gravità delle ferite, il trasferimento d’urgenza in elisoccorso alle Molinette di Torino. Dopo un lungo intervento chirurgico, la prognosi resta riservata: l’uomo continua a lottare tra la vita e la morte.
Le indagini non si sono limitate ai video. Durante le perquisizioni, i carabinieri hanno trovato a casa di Colosimo un arsenale: tre pistole cariche e funzionanti, cui se ne sono aggiunte altre recuperate successivamente e ora al vaglio della balistica. Un dettaglio che conferma la natura pianificata e tutt’altro che improvvisata della spedizione armata.
Quanto al movente, la Procura di Ivrea ha escluso collegamenti con organizzazioni criminali. L’origine della faida sarebbe piuttosto in rancori personali e tensioni familiari stratificate da anni: litigi tra figli, atti vandalici, screzi mai sopiti. Vecchie ferite che il 18 settembre sono deflagrate con la brutalità delle armi.
Favria, intanto, resta attonita, a tra l’angoscia per la sorte di Giovanni D’Angelo e lo shock di aver visto la propria normalità distrutta da nove colpi di pistola.
Le immagini delle telecamere
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