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Cronaca

Carcere devastato: sei ore di follia tra termosifoni divelti e allagamenti

La rivolta di un detenuto diventa il simbolo di un sistema penitenziario al collasso

Disperazione in carcere, detenuto si fa tagli con il coltello su tutto il corpo

Carcere

Una giornata di pura devastazione ha sconvolto ieri, 30 agosto 2025, la Casa di Reclusione di Alba, dove un detenuto di nazionalità marocchina ha messo in scena una protesta di inaudita violenza, durata quasi sei ore e capace di infliggere danni pesantissimi alla struttura. L’episodio, iniziato intorno alle 9.30 del mattino e proseguito fino alle 15.00 circa, ha trasformato l’istituto in un teatro di caos e paura, con il personale penitenziario costretto a un intervento delicatissimo per riportare la calma.

Secondo quanto ricostruito, l’uomo ha dato vita a una serie di atti vandalici di straordinaria gravità. Ha divelto i termosifoni in ghisa dai muri, causando un allagamento che ha interessato non solo il piano della sezione, ma anche il piano terra dell’edificio. Ha spaccato i gradini della scala interna, reso inutilizzabile il carrello del vitto destinato ai detenuti, e ha danneggiato i vetri anti-sfondamento della guardiola degli agenti, della saletta socialità, della barberia e di due finestre della sezione.

La furia si è spinta fino a compromettere il funzionamento dell’ascensore che collega il piano terra al primo piano, aggravando ulteriormente la situazione di sicurezza e ostacolando l’accessibilità ad aree cruciali dell’istituto. Un quadro che descrive un vero e proprio assalto dall’interno, capace di paralizzare la quotidianità del carcere e di mettere a rischio la tenuta stessa della struttura.

Quello di Alba non è stato un gesto isolato, ma l’apice di una tensione che già da giorni serpeggiava nella struttura. Altri detenuti avevano infatti danneggiato l’impianto di videosorveglianza e i sistemi di illuminazione neon, privando il carcere di strumenti fondamentali per il controllo e la sicurezza. Un vulnus gravissimo che ha reso la struttura ancora più fragile e impreparata ad affrontare la furia distruttiva che si è scatenata sabato mattina.

Nonostante la gravità dei fatti, va sottolineato che nessun agente è rimasto ferito. Questo anche grazie al pronto intervento del personale penitenziario, che insieme al Direttore e al Comandante in missione è riuscito a contenere l’escalation e a riportare la situazione sotto controllo dopo ore di tensione. Il detenuto responsabile è stato infine trasferito in un altro istituto, scelta obbligata per ragioni di sicurezza.

A rendere pubblica la vicenda è stato Leo Beneduci, segretario generale dell’OSAPP, che ha lanciato un duro atto d’accusa: «Questo episodio non è un caso isolato, ma l’ennesima conferma del progressivo deterioramento delle condizioni all’interno delle carceri del distretto Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta. La violenza contro il personale e la sistematica distruzione delle strutture mettono quotidianamente a rischio la sicurezza di tutti. Chiediamo un intervento urgente del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, affinché venga garantita la sicurezza del personale di polizia penitenziaria e vengano attuate misure straordinarie per interrompere questa spirale di violenza ormai fuori controllo».

Leo Beneduci dell'OSAPP

Un appello netto, che fotografa una realtà sempre più insostenibile: le carceri del Nord Ovest sono da tempo segnate da episodi di violenza e degrado strutturale, in un quadro nazionale che vede gli istituti penitenziari schiacciati tra sovraffollamento, carenza di personale e tagli cronici alle risorse.

Il caso di Alba non è un unicum: nelle ultime settimane, episodi simili sono stati segnalati anche in altri istituti italiani, a testimonianza di una tensione generalizzata che rischia di esplodere in maniera incontrollata. La spirale di violenza evocata dall’OSAPP non è più una formula retorica, ma una cronaca che si ripete con inquietante regolarità.

I numeri parlano chiaro: in Italia il tasso di sovraffollamento carcerario resta tra i più alti d’Europa, con oltre 61mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di circa 51mila posti. La carenza di agenti di polizia penitenziaria e la scarsità di psicologi, educatori e mediatori culturali rende le carceri veri e propri contenitori di conflitti sociali, incapaci di svolgere la funzione rieducativa prevista dalla Costituzione.

La devastazione avvenuta nella Casa di Reclusione di Alba diventa così il simbolo di un sistema che scricchiola. Se da un lato va riconosciuta la professionalità del personale che ha impedito conseguenze più gravi, dall’altro emerge con forza la necessità di un intervento politico immediato. Servono risorse, uomini e una riforma strutturale capace di affrontare la questione carceraria non solo sul piano repressivo, ma anche su quello della prevenzione e del reinserimento sociale.

Perché un Paese che tollera carceri ridotte a polveriere accetta implicitamente che la violenza diventi la lingua quotidiana dei rapporti tra detenuti e istituzioni. E allora il caso di Alba non può essere archiviato come una semplice “protesta violenta”: è la spia di una crisi sistemica che investe l’intero sistema penitenziario italiano, e che chiede risposte immediate e coraggiose.

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