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Cronaca

Torino, ladro confessa in aula tra le lacrime: "Ho rubato per il fumo, non voglio perdere la mia bambina"

Fermato dopo il furto di uno zainetto da un furgone solidale, un trentenne ammette tutto davanti al giudice: arresto convalidato, scarcerazione con obbligo di firma e processo a settembre

Torino, ladro confessa

Torino, ladro confessa in aula tra le lacrime: "Ho rubato per il fumo, non voglio perdere la mia bambina"

Prima la negazione, poi le scuse confuse, infine la resa. È la parabola di un uomo sulla trentina, arrestato a Torino con l’accusa di furto aggravato e comparso ieri, 28 agosto, davanti al tribunale per la convalida. Agitato e spaventato, al giudice ha detto più volte «io non ho fatto niente», salvo contraddirsi e chiedere «perdono» fino ad ammettere: «È vero, sono stato io. Mi servivano soldi per il fumo».

Il caso risale a pochi giorni fa, quando l’uomo ha preso di mira il furgone di un’associazione che si occupa di attività solidali per i bambini. In via Cirio ha notato uno zainetto lasciato sul sedile e, spinto dalla necessità e dalla dipendenza da stupefacenti, ha spaccato il finestrino per impossessarsene. La scena, però, non è sfuggita ad alcuni residenti che hanno subito chiamato i carabinieri. Quando i militari lo hanno raggiunto, aveva ancora la refurtiva con sé.

L’episodio, già di per sé grave, ha assunto in aula i tratti di un dramma umano. Davanti al giudice, il trentenne ha cercato di spiegarsi: «Sono papà di una bambina. Non voglio che me la portino via per questa storia. Ho paura che la mia compagna mi lasci se vengo condannato». Una dichiarazione che ha mostrato più la paura di perdere gli affetti che non la consapevolezza del danno causato.

La giudice, con toni pacati, lo ha invitato a collaborare, sottolineando che solo la verità avrebbe potuto aiutarlo. Incoraggiato, l’uomo ha ammesso pienamente le proprie responsabilità. Al termine dell’udienza, l’arresto è stato convalidato, ma l’imputato è stato scarcerato con l’obbligo di firma due volte a settimana. Il processo è fissato per settembre, con rito abbreviato.

Resta l’amarezza per il bersaglio scelto: un mezzo appartenente a un’associazione impegnata nella solidarietà verso i bambini, realtà che vivono soprattutto di volontariato e di piccoli contributi. Rubare lì significa sottrarre risorse a chi ne ha più bisogno, rendendo ancora più difficile la missione di chi si spende per i più fragili.

Il furto, in questo senso, assume un valore simbolico che va oltre la vicenda personale del ladro pentito. È il riflesso di una marginalità sociale che si intreccia con la dipendenza, la precarietà economica e la paura di perdere i legami familiari. Una spirale che conduce a gesti impulsivi, spesso maldestri, ma capaci di produrre conseguenze pesanti.

La storia di via Cirio riporta così al centro un doppio tema: da un lato la tutela delle realtà solidali, che restano esposte anche a piccoli furti, dall’altro la necessità di percorsi di recupero per chi vive situazioni di dipendenza e fragilità. Al di là del destino processuale, resta l’immagine di un uomo che in aula è passato dalla menzogna al pentimento, ammettendo davanti a tutti la propria colpa e chiedendo solo di non perdere l’unico punto fermo della sua vita: la figlia.

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