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Cronaca

Accoltellamento a Porta Palazzo: lite per una piazzola finisce in sangue

Un venditore di 35 anni arrestato dopo due mesi di indagini: avrebbe colpito più volte un connazionale davanti ai passanti, lasciandolo a terra in fin di vita. Sullo sfondo l’ombra del racket delle bancarelle

Accoltellamento a Porta Palazzo: lite per una piazzola finisce in sangue

Mercato di Porta Palazzo

L’accoltellamento di Porta Palazzo non è stato un gesto improvviso, ma l’epilogo di una lite che covava sotto la superficie del mercato più grande e complesso di Torino. Un luogo dove centinaia di ambulanti, provenienti da ogni parte del mondo, si contendono ogni giorno pochi metri di spazio, fondamentali per esporre la merce e lavorare. È in questo scenario che, il 21 giugno scorso, poco dopo le due del pomeriggio, la discussione tra due venditori si trasforma in un’aggressione feroce.

Uno dei due, armato di coltello, colpisce il rivale più volte, sotto gli occhi increduli dei passanti. Lo colpisce al torace, al fianco e persino al volto. Non si ferma neppure quando la vittima, già sanguinante e con un braccio ingessato, non ha più alcuna possibilità di difendersi. Solo quando la lama resta incastrata sotto la clavicola decide di interrompere la furia cieca. Poi lascia l’uomo a terra, abbandona il manico dell’arma gettandolo nella Dora e scappa.

A terra resta il corpo del collega, un giovane venditore di accessori per cellulari, trent’anni appena, connazionale dell’aggressore. Viene soccorso in condizioni gravissime e trasportato all’ospedale Giovanni Bosco, dove i medici riescono a salvargli la vita. Dopo qualche giorno di degenza, però, decide di andarsene senza avvertire nessuno. Non tornerà più in reparto e oggi il suo nome compare negli atti come “irreperibile”. Gli inquirenti sospettano che la sua sparizione sia legata alla paura: chi conosce bene il mercato sa che non si tratta solo di bancarelle, ma anche di regole non scritte, pressioni, minacce e talvolta violenza.

La lite, almeno in apparenza, nasce per motivi banali. Una piazzola contesa. Pochi metri di marciapiede che fanno la differenza tra poter lavorare o essere spinti ai margini. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’aggressore avrebbe preteso che la vittima si spostasse, rivendicando il diritto di altri conoscenti ad occupare quello spazio. Un pretesto che in passato ha generato altri scontri, non sempre così sanguinosi ma spesso violenti.

Porta Palazzo

Il pomeriggio del 21 giugno, le chiamate al 112 si susseguono in pochi minuti. Un passante racconta agli agenti: “La vittima non poteva reagire, aveva il braccio ingessato”. Sul selciato, oltre alle macchie di sangue, restano un paio di occhiali da sole che diventeranno uno degli indizi utili nelle indagini. Un commerciante della zona riferisce di aver assistito a una prima lite poco distante, interrotta da alcuni connazionali. Poi, però, gli stessi due uomini riprendono a discutere con violenza, fino all’accoltellamento.

Grazie alle testimonianze, gli investigatori della squadra mobile riescono a delineare un identikit preciso: un uomo di 35 anni, capelli ricci, maglietta verde, ciabatte ai piedi. Non un volto sconosciuto, ma un venditore che a Porta Palazzo conoscono tutti, già noto alle forze dell’ordine per precedenti legati alla droga e a rapine. L’uomo, identificato come Moussa, viene descritto negli atti come “pregiudicato non censito all’anagrafe tributaria e senza fissa dimora”.

Le indagini coordinate dal pm Roberto Furlan si muovono rapidamente. Vengono disposti accertamenti medico-legali affidati al dottor Roberto Testi, che certificano la gravità dell’atto: colpi inferti con chiara idoneità omicidiaria. In altre parole, l’intenzione di uccidere era evidente, fermata solo dal caso e dalla resistenza della vittima.

Dopo settimane di pedinamenti e appostamenti, la svolta arriva con l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Francesca Pani, che accoglie la richiesta della Procura: l’uomo viene arrestato e trasferito in carcere. Per la giudice, il rischio che possa commettere nuovamente reati della stessa specie è concreto. L’indagato viene definito “incapace di autocontenersi”. Difeso dall’avvocata Francesca D’Urzo, ora dovrà affrontare un procedimento che si preannuncia complesso, anche alla luce delle indagini ancora in corso sui reperti sequestrati e sul dna raccolto sul luogo dell’aggressione.

Ma la vicenda non è solo giudiziaria: intorno all’accoltellamento aleggia, come un’ombra mai dissipata, il sospetto del racket. Porta Palazzo, da decenni, è teatro di tensioni legate al controllo delle piazzole, delle postazioni migliori, degli spazi più redditizi. Storie di minacce, intimidazioni, e in alcuni casi aggressioni, fanno parte di un sottobosco che difficilmente emerge alla luce del sole ma che chi vive il mercato conosce bene. È in questo contesto che un banale diverbio può trasformarsi in tentato omicidio, davanti a decine di persone, nel cuore della città.

Adesso le indagini proseguono. La Procura vuole capire se davvero dietro alla lite si nasconda solo una questione personale o se, al contrario, il gesto si inserisca in un quadro più ampio, legato a dinamiche di controllo del territorio e delle piazzole. L’aggressore si trova in carcere, mentre la vittima, dopo essersi allontanata dall’ospedale, sembra essere svanita nel nulla. Un’assenza che pesa come un macigno, perché senza la sua collaborazione ricostruire fino in fondo la vicenda sarà più complicato.

Resta, intanto, l’impressione di una violenza brutale, consumata in pieno giorno in un luogo simbolo di Torino, a pochi passi dalle bancarelle dove ogni giorno si muovono migliaia di persone. Un episodio che riaccende i riflettori sulle tensioni e le zone d’ombra di Porta Palazzo, e che lascia dietro di sé più domande che certezze.

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