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Cronaca
18 Agosto 2025 - 14:39
Andrea Biffi
Un segnale Gps che si spegne nella notte, il silenzio della montagna e l’alba che rivela una tragedia: così si è fermata la vita di Andrea Biffi, 32 anni, alpinista originario di Borgiallo, ritrovato senza vita nel Couloir del Porco, sul versante francese del Monviso, tra Punta Udine e Punta Venezia.
Era partito da solo domenica 17 agosto per affrontare la Cresta Berhault, una delle traversate più affascinanti e severe del “Re di Pietra”, con esperienza, attrezzatura adeguata e un dispositivo di tracciamento satellitare che lo teneva in contatto con il padre fino al pomeriggio. Poi il silenzio.
L’ultimo segnale è arrivato alle 3.30 di notte, proprio nell’area che poche ore dopo sarebbe diventata il teatro della sua fine. Non vedendolo rientrare, il genitore ha lanciato l’allarme e da quel momento si è messa in moto la macchina dei soccorsi: il Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese, i Vigili del Fuoco con l’elicottero Drago, le squadre a terra e la Gendarmerie di Briançon, in una collaborazione rodata tra Italia e Francia per gli interventi su questa montagna di confine.
All’alba di lunedì 18 agosto il corpo senza vita di Andrea è stato individuato e recuperato, e le procedure sono state affidate alle autorità francesi. Una tragedia che scuote il Canavese e tutta la comunità alpinistica, non solo per la giovane età della vittima, ma anche perché Andrea Biffi era un volto conosciuto e stimato, capace di farsi apprezzare per la sua dedizione e il suo talento.
Nato e cresciuto a Ivrea, dove aveva frequentato il liceo Gramsci, si era trasferito a Borgiallo, dove viveva con i suoi due figli. La montagna era la sua passione più grande, ma non era l’unica: nel panorama dell’ultratrail aveva collezionato risultati importanti, affermandosi come atleta completo e disciplinato.
Nel 2023 aveva conquistato il Trofeo Punta Quinzeina a Frassinetto con un tempo di 1h39’ su un percorso di 16 chilometri con mille metri di dislivello, nello stesso anno si era classificato sesto alla classica Ivrea–Mombarone, e appena due mesi fa, a giugno 2025, aveva trionfato in Sudafrica in un durissimo trail di 100 miglia con 8.000 metri di dislivello positivo. Era un corridore di montagna, un alpinista preparato e un padre presente, capace di coniugare passione sportiva e responsabilità familiari. La sua scomparsa lascia un vuoto enorme a Borgiallo e in tutto il Canavese, dove era conosciuto per l’umiltà, la determinazione e la capacità di affrontare le sfide più dure con un sorriso silenzioso.
Il percorso che aveva scelto, la Cresta Berhault, non è una linea per tutti. Lunga sei chilometri con duemila metri di dislivello in salita e più di mille in discesa, collega il Colle delle Traversette alla cima del Monviso.
Fu aperta nel 1968 dalle guide Livio Patrile ed Hervé Tranchero, che la percorsero in cinque giorni con bivacchi in quota, e resa celebre dalle imprese del giovane Riki Maero, capace di completarla in solitaria in sole otto ore, e soprattutto dall’ascensione invernale di Patrick Berhault nel gennaio 2001.
È un itinerario che unisce la bellezza del panorama sospeso tra Italia e Francia alla durezza della roccia friabile, dei passaggi esposti, dei canaloni insidiosi come il Porco. È una via che affascina perché permette di abbracciare con lo sguardo Pianura Padana e Alpi Occidentali, ma che non ammette errori: basta un passo incerto, un cambiamento improvviso del meteo o una pietra che si muove sotto i piedi.
Andrea Biffi conosceva la montagna, la frequentava da tempo, aveva esperienza e attrezzatura, ma anche la preparazione e la tecnologia non sempre sono sufficienti davanti alla severità di un ambiente che chiede rispetto e prudenza assoluti.
Il Monviso, in quelle stesse ore, ha chiesto un tributo altissimo. In Val Varaita, sul Monte Pence, un uomo di 61 anni è precipitato durante la discesa e ha perso la vita, mentre la compagna è stata tratta in salvo dall’eliambulanza che l’ha raggiunta in una posizione estremamente pericolosa. Pochi giorni prima, sempre sul Re di Pietra, un altro alpinista era stato colpito da un masso sulla Cresta Est e recuperato in condizioni proibitive grazie a un’operazione notturna in elicottero. Quattro interventi in meno di ventiquattro ore raccontano una stagione alpina segnata da instabilità e pericoli oggettivi.
Oggi resta il dolore di una comunità che piange un giovane uomo, un atleta e un padre. Resta il ricordo di Andrea Biffi che macinava chilometri e dislivelli con umiltà e passione, capace di vincere gare durissime e di sorridere ai figli al ritorno a casa. E resta il monito di una montagna che non perdona, che può essere maestra di vita e di silenzi, ma che chiede rispetto, prudenza, lucidità e, a volte, la forza di rinunciare. La tecnologia può aiutare, il Gps può guidare i soccorritori, ma non basta: la montagna resta più forte.
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