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Cronaca
18 Agosto 2025 - 09:36
Rivalta, muore a 28 anni intrappolata nell’incendio di casa: salvo il padre
Si chiamava Eleonora Magnarello, aveva 28 anni e la sua vita si è spezzata domenica sera, 17 agosto, in un appartamento di viale Cadore 53 a Rivalta, trasformato in una trappola di fuoco e fumo. I vigili del fuoco l’hanno estratta viva dalle fiamme e trasportata d’urgenza in ospedale, ma le ustioni e la grave intossicazione non le hanno lasciato scampo.
Nell’alloggio, al secondo piano della palazzina, c’era anche il padre Gian Carlo, 67 anni. L’uomo si è salvato per un caso: un vigilante, passando davanti allo stabile mentre si recava al lavoro, ha notato il rogo e con un gesto di coraggio lo ha trascinato fuori dall’abitazione. Anche lui è stato ricoverato, mentre per la figlia è stato necessario l’intervento diretto dei pompieri, che hanno lottato contro fiamme divampate in pochi minuti, intorno alle 21.30, avvolgendo ogni stanza. Le squadre dei vigili del fuoco hanno lavorato fino a tarda notte per spegnere l’incendio e mettere in sicurezza l’edificio, mentre decine di residenti assistevano impotenti alla scena.
Sul posto sono arrivati i carabinieri, la polizia locale e la vicesindaca Agnese Orlandini. Nel giardino e sul balcone sono rimaste pile di masserizie annerite, bruciate, segno di un interno colmo di oggetti e difficilmente praticabile. Le cause del rogo sono ancora da chiarire: gli inquirenti non escludono un guasto tecnico, ma non esiste ancora una ricostruzione definitiva.
Dalle prime testimonianze emerge un quadro complesso: Eleonora e il padre accumulavano in casa grandi quantità di materiali. I vicini parlano di una situazione “al limite”, più volte segnalata all’amministratore di condominio. Il Comune, però, precisa di non aver mai ricevuto comunicazioni formali. Una contraddizione che apre interrogativi pesanti: dove si è interrotta la catena delle segnalazioni? E perché nessuno è riuscito a intervenire in tempo?
Dietro quella porta c’era una famiglia fragile. La madre di Eleonora è da anni ricoverata in una RSA di Borgaretto, visitata quasi ogni giorno dal marito. La figlia, invece, viveva chiusa in casa, isolata, senza rapporti con l’esterno. Una condizione che oggi assume un significato drammatico, perché parla di solitudine, di disagio domestico e della difficoltà, per i servizi sociali e sanitari, di intercettare chi vive ai margini della comunità.
La tragedia di Rivalta non è purtroppo un caso isolato. È la terza vittima di un incendio domestico nel Torinese in soli tre giorni. A Ferragosto, a Villar Dora, un novantenne è morto asfissiato nel sonno, sorpreso dai fumi di un corto circuito. Il giorno dopo, a Torino in via Quarello, un uomo ha appiccato il fuoco nella sua abitazione per togliersi la vita. E appena due mesi fa, in via Nizza, un altro incendio doloso si era trasformato in una devastante esplosione che costò la vita a un 33enne innocente.
Tre giorni, tre morti, tre case trasformate in trappole. Una sequenza che mette a nudo le fragilità delle abitazioni private, spesso prive di sistemi di sicurezza adeguati, e che solleva interrogativi sulla prevenzione, sulla manutenzione degli impianti elettrici e sulla capacità delle istituzioni di intervenire prima che sia troppo tardi.
Il sindaco di Rivalta, Sergio Muro, ha parlato a nome della comunità: “Siamo profondamente colpiti e ci stringiamo intorno alla famiglia Magnarello. Questa tragedia ci interroga sulla difficoltà delle istituzioni sanitarie e sociali di intercettare il disagio psicologico e prevenire eventi simili. La solitudine di tante famiglie è uno dei drammi della nostra società. Occorre uno sforzo economico, umano e normativo per riconoscere e sostenere queste situazioni, che non sono casi isolati ma la punta dell’iceberg di un fenomeno diffuso. Ci auguriamo che Gian Carlo possa riprendersi e tornare, pur provato, a vivere la sua vita qui a Rivalta”.
Questa storia racconta di fiamme, ma anche di silenzi. L’ipotesi dell’accumulo domestico, ora al vaglio degli inquirenti, non è un dettaglio marginale ma un segnale di fragilità che, senza una rete di prossimità — condominio, servizi sociali, sanità territoriale — può trasformarsi in un pericolo concreto. Resta da capire se qualcuno avrebbe potuto fare di più e se il dramma di Eleonora Magnarello fosse davvero inevitabile.
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