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Cronaca

Estate di sangue sulle Alpi: cento morti in due mesi

Dall’inizio dell’estate il bilancio delle vittime in montagna è drammatico: cadute, malori e imprudenze portano a una media di tre morti al giorno. L’ultimo caso sul Monte Bianco, dove ha perso la vita il 36enne Davide Migliorino

Estate di sangue sulle Alpi: cento morti in due mesi

Imperizia, incoscienza o fatalità imprevedibili. Non si arresta la scia di sangue che sta segnando l’estate 2025 sulle montagne italiane. Quello che dovrebbe essere il luogo del silenzio, della contemplazione e della sfida con sé stessi si sta trasformando, giorno dopo giorno, in un teatro di tragedie quasi quotidiane. I numeri sono impietosi e raccontano più di tante parole: già a luglio si contavano 83 vittime, con una media di quasi tre decessi al giorno a partire dal 21 giugno. Una statistica che non accenna a migliorare: con agosto ormai inoltrato, la conta dei morti si avvicina drammaticamente a quota 100, confermando un trend che suscita sconcerto e dolore.

L’ultimo episodio si è consumato domenica sul massiccio del Monte Bianco, lungo la cresta del Brouillard, a 4.030 metri di quota. Qui, Davide Migliorino, 36 anni, residente a Treviglio (Bergamo), ha perso la vita in seguito a una caduta rovinosa. Stava affrontando la salita insieme a due compagni di cordata, rimasti illesi. Procedeva slegato quando, aggrappandosi a una roccia che ha improvvisamente ceduto, è precipitato nel vuoto. Inutili i soccorsi: il Soccorso Alpino Valdostano ha potuto soltanto recuperare il corpo e trasferirlo a Courmayeur. Le indagini sono ora affidate alla Guardia di Finanza di Entrèves, che sta ricostruendo la dinamica.

Il fine settimana di Ferragosto, tradizionalmente il più affollato sulle vette, è stato funestato da altri incidenti gravi. Sabato sera, sempre sul Monte Bianco, è scattato un intervento complesso sul Dente del Gigante: un alpinista, rimasto sospeso nel vuoto legato a una corda, ha rischiato di morire sotto gli occhi dei compagni. Le manovre di soccorso si sono rivelate estremamente difficili: più volte l’elicottero ha tentato un avvicinamento, ostacolato dalle condizioni del luogo, finché i tecnici del Soccorso Alpino non sono stati calati a una quota più bassa. Da lì hanno scalato il Dente, raggiunto l’uomo in pericolo e, dopo averlo assicurato, lo hanno accompagnato fino al rifugio Torino, dove l’elicottero è riuscito a prenderlo a bordo. Una storia a lieto fine, ma che dimostra quanto sottile sia il confine tra la vita e la morte in alta quota.

Il 14 agosto la tragedia si è invece consumata sul Castore, nel massiccio del Monte Rosa. Due alpinisti, un uomo e una donna, sono precipitati dalla cresta probabilmente a causa del maltempo che li avrebbe fatti smarrire. Il volo di centinaia di metri li ha schiantati sul ghiacciaio, rendendo vano qualsiasi soccorso. Qualche giorno prima, l’11 agosto, un nuovo dramma aveva colpito l’Alto Adige: a morire, nella zona di Plan, a Moso in Passiria, sono stati padre e figlio, scivolati lungo un tratto esposto del sentiero che conduce al bivacco Pixner.

Un bollettino di guerra, come lo definiscono amaramente molti soccorritori, che si aggiorna con la crudele regolarità di un calendario. A lanciare l’allarme è il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), che a fine stagione renderà pubblici i dati complessivi. Per ora, spiega Simone Alessandrini, “è impossibile fornire numeri aggiornati, ma i nostri interventi non si sono certo fermati: anzi, continuano senza sosta”. Secondo le stime, il 44% degli incidenti riguarda escursionisti colpiti da malori o caduti durante i percorsi, mentre il 56% è legato ad attività più tecniche come alpinismo, arrampicata o vie ferrate.

soccorso

Un trend che affonda le radici anche nell’aumento del turismo montano. “Da 4-5 anni a questa parte – osserva Alessandrini – le presenze sono cresciute in maniera esponenziale. Ma non tutti arrivano preparati. I non iscritti al Club Alpino Italiano sono quasi il 90%. Questo significa che sulle nostre montagne si muovono moltissime persone che non hanno la minima formazione tecnica, non conoscono gli itinerari idonei e non dispongono dell’attrezzatura necessaria”.

La ricerca del selfie perfetto da postare sui social si trasforma, troppo spesso, in un azzardo mortale. “C’è una forma di incoscienza – continua Alessandrini – chi affronta un sentiero con scarpe da ginnastica, magari con una semplice maglietta di cotone, senza portarsi acqua o protezioni adeguate, mette a repentaglio la propria vita e quella degli altri. E noi lo vediamo ogni giorno”.

L’estate 2025, con il suo tragico elenco di nomi e luoghi, rischia dunque di passare alla storia non solo per il caldo estremo e le difficoltà ambientali, ma anche come una delle stagioni più nere per la montagna italiana. Una montagna che non perdona l’improvvisazione e che chiede rispetto, preparazione e consapevolezza.

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