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Operaio di 19 anni perde tre dita alla Giovanni Rana: otto ore di sciopero e accuse sindacali

Sommerso da contratti precari, il colosso della pasta fresca nel mirino dei sindacati: "Ora assumetelo!"

Incidente sul lavoro alla Giovanni Rana: operaio perde tre dita, sindacati in rivolta

Ha appena 19 anni e da un anno lavora con contratto di somministrazione alla Giovanni Rana di Moretta, nel Cuneese. Venerdì mattina, 1° agosto, il giovane è rimasto gravemente ferito a una mano, mentre operava su un macchinario della linea produttiva. Tre dita sono rimaste amputate nell’incidente, lasciando sgomenti i colleghi che hanno assistito alla scena. Un altro dramma del lavoro consumatosi tra le mura di una delle più grandi industrie alimentari del Paese.

Sul posto è intervenuto il 118, che ha trasportato il ragazzo in ospedale in codice giallo. Le sue condizioni, sebbene stabili, sono serie: la perdita delle dita è definitiva. Il macchinario che ha causato l'incidente è stato posto sotto sequestro per accertamenti, mentre gli ispettori dello Spresal e le forze dell’ordine hanno immediatamente avviato un’indagine.

Non è il primo infortunio grave nello stabilimento Rana di Moretta. Appena sei mesi fa, un tecnico veronese di 55 anni era rimasto schiacciato da un impianto durante un intervento tecnico, finendo in rianimazione a Cuneo. Da allora, promesse, appelli alla sicurezza, qualche comunicato aziendale. Ma poco è cambiato, a quanto pare.

A denunciare il nuovo episodio sono state Nidil-Cgil e Uiltemp, che parlano senza mezzi termini di un modello produttivo in cui la sicurezza passa in secondo piano rispetto alla flessibilità a basso costo. Secondo le sigle, lo stabilimento di Moretta impiega circa 400 lavoratori interinali, a fronte di appena 200 assunti direttamente.

“Abbiamo proclamato uno sciopero di otto ore, previsto per mercoledì 6 agosto, perché la misura è colma” – scrivono in una nota – “È inaccettabile che si continui a giocare con la vita dei giovani lavoratori, molti dei quali con contratti precari e formazione inadeguata su impianti complessi e pericolosi.”

Ma non basta. I sindacati pretendono anche l’assunzione diretta del giovane infortunato da parte della Rana: “È il minimo che l’azienda possa fare, dopo che questo ragazzo ha perso tre dita lavorando per loro. Sarebbe un segnale di responsabilità, di rispetto, di dignità.”

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Le proteste trovano eco anche nella Flai-Cgil, che già a febbraio aveva proclamato un’ora di sciopero nazionale dopo l’incidente al tecnico. “Non possiamo più accettare che le fabbriche diventino trappole per chi lavora. Soprattutto se giovane, precario e invisibile” – tuonano dalla segreteria piemontese.

Intanto, nel silenzio dell’azienda (che al momento non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali), si moltiplicano le testimonianze dei colleghi, che parlano di turni stressanti, macchinari obsoleti, procedure di sicurezza poco chiare, corsi di formazione erogati in fretta, magari alla prima ora di lavoro.

Moretta si ritrova così ancora una volta al centro della cronaca non per i suoi ravioli, ma per l’ennesimo infortunio sul lavoro. Con un ragazzo di 19 anni che entrerà in agosto con tre dita in meno, un futuro segnato e un presente che grida giustizia.

I sindacati lo hanno detto chiaramente: “Se non ora, quando?”.

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Giovanni Rana: la fabbrica della pasta fresca che ha conquistato il mondo

È uno dei marchi più riconoscibili del food italiano, simbolo di tradizione familiare e al tempo stesso di potenza industriale. La Giovanni Rana S.p.A., fondata nel 1962 a San Giovanni Lupatoto, alle porte di Verona, è oggi un gigante dell’agroalimentare che vanta un fatturato superiore agli 800 milioni di euro e una rete produttiva che attraversa continenti. Da bottega artigiana a multinazionale in meno di sessant’anni: una crescita che ha fatto scuola nel panorama imprenditoriale italiano.

A capo dell’azienda c’è oggi Gian Luca Rana, figlio del fondatore, amministratore delegato e stratega dell’espansione internazionale. È lui ad aver trasformato il marchio in una realtà globale, puntando su piatti pronti, innovazione tecnologica e un modello produttivo flessibile ma capillare. La filosofia aziendale si riassume in una frase che lui stesso ama ripetere: “Essere artigiani con la potenza di un’industria.”

Il gruppo conta attualmente cinque stabilimenti principali. Il cuore operativo resta a San Giovanni Lupatoto, con circa 700 dipendenti. A questo si affiancano il sito di Moretta (CN), uno dei poli industriali più grandi, specializzato in pasta fresca e sughi; lo stabilimento di Chicago (USA), aperto nel 2012, che ha segnato l’ingresso nel mercato nordamericano e ne rappresenta oggi uno dei motori economici principali; e ancora gli impianti in Francia e in Belgio, destinati alla produzione e distribuzione per l’Europa occidentale e settentrionale. Complessivamente, l’azienda impiega oltre 3.500 lavoratori e distribuisce i propri prodotti in più di 50 paesi, con una presenza forte sia nella grande distribuzione organizzata (GDO) che nel canale Ho.Re.Ca. e online.

Il catalogo di prodotti firmati Giovanni Rana è vasto e in continua evoluzione. Oltre ai celebri tortellini, cuore dell’offerta sin dalle origini, l’azienda propone ravioli, fagottini, mezzelune, tagliatelle, gnocchi, pizze fresche, sughi pronti e piatti da forno come lasagne e cannelloni. Sono state lanciate anche linee internazionali adattate ai gusti locali, come i “filled pasta dishes” pensati per il mercato statunitense. La chiave del successo è l’equilibrio tra tradizione gastronomica italiana e innovazione di prodotto. Ogni anno l’azienda investe circa 25 milioni di euro in ricerca e sviluppo, con un reparto R&D che lavora in sinergia con chef e tecnologi alimentari per lanciare nuovi prodotti ogni tre mesi, seguendo trend come il “plant based”, il “ready to eat”, il “free from”.

A partire dagli anni 2000, sotto la guida di Gian Luca Rana, il gruppo ha intrapreso una strategia aggressiva di internazionalizzazione. L’apertura dello stabilimento in America ha rappresentato la svolta definitiva: oggi gli Stati Uniti generano circa il 40% del fatturato complessivo. Per rispondere al gusto dei consumatori locali, l’azienda ha sviluppato prodotti ad hoc, modificando ricette, packaging e persino il linguaggio del marketing. L’espansione è avvenuta anche attraverso acquisizioni, joint venture e partnership strategiche con grandi catene distributive. Parallelamente, la Rana ha investito nella ristorazione branded, aprendo locali a marchio proprio in aeroporti, outlet e grandi centri commerciali, soprattutto in Francia, Spagna e Germania.

Il volto del fondatore, Giovanni Rana, è ancora oggi parte integrante della comunicazione aziendale. La sua immagine campeggia su confezioni e spot televisivi, veicolando un senso di fiducia, autenticità, e legame con il territorio. La comunicazione si basa sull’idea del “fatto in casa, ma su scala industriale”, e questo storytelling ha contribuito a costruire un’identità di marca solida e riconoscibile. Accanto a questa narrazione, l’azienda ha cercato di valorizzare anche il tema della sostenibilità ambientale, promuovendo l’uso di packaging riciclabile, la riduzione degli sprechi alimentari e l’efficientamento energetico degli impianti. Tuttavia, non sono mancate critiche per l’utilizzo intensivo della plastica, ancora molto presente nei formati di confezionamento.

Con una media di 20 nuovi prodotti lanciati ogni anno, una rete produttiva globale e una reputazione ormai consolidata, Giovanni Rana si prepara ad affrontare le sfide del futuro: digitalizzazione, tracciabilità della filiera, automazione intelligente, ma anche richieste crescenti in tema di condizioni di lavoro, diritti sindacali, qualità dell’occupazione. Perché accanto alla gloria dell’impresa resta il dovere di un’industria alimentare moderna: quello di coniugare successo commerciale e responsabilità sociale. La fabbrica della pasta fresca, che ha fatto il giro del mondo partendo da una piccola bottega veronese, rimane uno dei casi più emblematici del capitalismo alimentare italiano: capace di mescolare, con maestria e ambizione, la narrazione affettiva della nonna con i numeri delle multinazionali. Ma oggi, quel racconto deve trovare nuove parole per restare credibile. E soprattutto, giusto.

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