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Cronaca
01 Agosto 2025 - 10:06
Detenuti in rivolta ad Alessandria: senza docce da un mese, carcere nel degrado più totale
Il carcere di Alessandria torna al centro delle polemiche, e stavolta il malessere si è trasformato in protesta aperta. Nella sezione Cantiello e Gaeta, i detenuti della terza sezione si sono rifiutati di rientrare in cella dopo il consueto momento di socialità. Il motivo? Da oltre un mese le docce sono fuori uso, un disagio che si è protratto nel silenzio, fino a degenerare nella tensione di ieri, 31 luglio. A riportare la calma è stata la Polizia Penitenziaria, intervenuta sul posto prima che la situazione potesse degenerare.
Una doccia rotta può sembrare un dettaglio. Ma in carcere, dove i diritti fondamentali sono già ridotti all’osso, rappresenta un problema enorme. Non solo per l’igiene personale, ma anche per la tenuta psicologica di chi è recluso. Quando una semplice attività quotidiana viene negata per settimane, la rabbia sale. E ad Alessandria è esplosa.
A denunciare pubblicamente l’accaduto è Pino Castaldo, vicesegretario regionale dell’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che non usa mezzi termini: “Quel che accade ad Alessandria non è un caso isolato, ma la prova che il sistema è completamente fuori controllo”. Parole durissime, che mettono sotto accusa non solo l’amministrazione carceraria, ma anche la politica nazionale, colpevole – secondo Osapp – di un’inerzia istituzionale mai vista prima nella storia della Repubblica.
La situazione denunciata da Castaldo non riguarda solo i detenuti. Anche il personale è costretto a lavorare in condizioni igieniche critiche, tra infiltrazioni, aree infestate da piccioni e ambienti che mettono a rischio la dignità e la salute di chi vi opera quotidianamente. Eppure, nonostante le segnalazioni e gli allarmi lanciati da anni, nulla si muove.
La sezione circondariale di Alessandria, una delle più problematiche del Piemonte, soffre da tempo di carenze strutturali, sovraffollamento e scarsa manutenzione. A fronte di una capienza regolamentare già ridotta, il numero di reclusi supera di molto la soglia critica, mentre il numero di agenti è nettamente insufficiente rispetto alle esigenze. Il risultato? Un carcere che rischia di collassare, sotto il peso del disinteresse e dell’abbandono.
In questo contesto, la protesta per le docce guaste non è che l’ultima spia accesa su un sistema penitenziario che non garantisce più nemmeno i diritti minimi, né a chi è detenuto né a chi lavora tra quelle mura. L’Osapp, nella sua nota, chiede interventi urgenti, non solo manutentivi ma strutturali, perché “non è più accettabile che la vita quotidiana all’interno di un istituto penitenziario somigli a una punizione supplementare”.
Il caso di Alessandria si inserisce in un quadro nazionale allarmante. Secondo i dati del Ministero della Giustizia aggiornati al luglio 2025, oltre il 70% degli istituti penitenziari italiani presenta criticità strutturali, mentre le segnalazioni per malfunzionamenti gravi – come bagni rotti, impianti idrici non funzionanti, presenza di muffa o infestazioni – sono in costante aumento. La mancanza di investimenti e la lentezza della macchina burocratica aggravano una situazione che diventa ogni giorno più esplosiva.
Nel frattempo, le carceri si trasformano in polveriere sociali, dove ogni piccolo disagio può accendere una rivolta. E Alessandria, ieri, è stata l’ennesima prova di un sistema al limite della tenuta democratica. Senza un cambio di rotta, il rischio è che la protesta diventi normalità. E che la violenza torni a bussare a porte chiuse.
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