Quel pomeriggio d’agosto la posta era chiusa, le strade vuote, il caldo feroce. Ma loro due non erano lì per caso. Volto semicoperto, cappellino calato sugli occhi. Uno resta di vedetta, l’altro entra. Si muove con decisione. Minaccia, immobilizza, lega la direttrice dell’ufficio postale con delle fascette da elettricista. Le punta contro la paura e si fa consegnare circa 40 mila euro in contanti. Poi esce, raggiunge l’auto dove lo aspetta il complice, e svaniscono. Pochi minuti dopo, la donna riesce a liberarsi da sola. Chiama aiuto. Le indagini partono da lì, e si chiudono ora, mesi dopo, con tre arresti.
In carcere finiscono Massimo Lo Manto, 40 anni, di La Loggia, e Marco Giannone, 37 anni, di Alpignano. Il primo, secondo i carabinieri, era il basista: convivente della direttrice, sapeva tutto. Orari, routine, abitudini. Ma lei non è indagata. Non ha mai riconosciuto Giannone come l’autore della rapina. Un dettaglio non da poco.
Dopo il colpo, i due non restano a godersi il bottino tra le colline piemontesi. No. Scelgono il Mar Rosso. Marsa Alam. Relax, sole, immersioni. E partono insieme alle rispettive compagne, prenotando – guarda caso – nella stessa agenzia e nello stesso periodo. Non è chiaro se alloggiassero anche nello stesso resort. Ma la coincidenza pesa.
C’è poi un terzo nome: Luciano Chiappetta, 55 anni, anche lui di Alpignano e con precedenti. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, prende parte alla seconda rapina, quella tentata il 30 settembre, di nuovo nello stesso ufficio postale. Quasi una sfida. La banda si presenta all’alba, con coltelli, fascette, occhiali scuri, mascherine. E una finta bomba: una scenografia da film per bloccare la porta d’ingresso. Ma dentro c’è la sostituta della direttrice. Lei non apre. E i banditi sono costretti alla fuga.
Scappano su un’auto guidata da un quarto uomo, estraneo alla rapina. Secondo quanto emerge dalle indagini, non sapeva nulla: credeva davvero di accompagnare gli altri a un colloquio di lavoro. Un paravento credibile, finché non è esploso tutto.
A mettere fine alla sequenza ci pensano i carabinieri del colonnello Vincenzo Bertè. Mesi di pedinamenti, intercettazioni, telecamere e incroci di dati. Una caccia lenta, silenziosa, ma efficace. Lo Manto e Giannone devono ora rispondere di rapina a mano armata, tentata rapina e sequestro di persona. La giustizia ha ripreso il filo tagliato dalle fascette.