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Cronaca
02 Luglio 2025 - 15:47
Aggredito agente della polizia penitenziaria. Detenuto grida: "Allah akbar". Immagine di repertorio.
Un’aggressione brutale, accompagnata da un grido che evoca scenari di radicalizzazione religiosa. È accaduto nel reparto detentivo dell’ospedale di Vercelli, dove un poliziotto penitenziario è stato colpito violentemente da un detenuto nordafricano. A denunciare l’episodio è il Sappe, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che parla apertamente di un gesto «folle e assurdo» con richiami inquietanti al fondamentalismo islamico.
L’agente, in servizio presso la struttura sanitaria, aveva semplicemente accompagnato il detenuto in bagno, come previsto dalle procedure. A quel punto, l’uomo lo ha aggredito proditoriamente, sorprendendolo alle spalle. Il segretario regionale del Sappe, Vicente Santilli, ha ricostruito i fatti in modo netto: «Un detenuto nordafricano, che si è già reso responsabile di diversi eventi critici durante la detenzione, ha proditoriamente aggredito uno dei poliziotti penitenziari di servizio che gli aveva consentito l’uscita dalla camera per andare in bagno».
A rendere ancora più allarmante l’episodio è il fatto che l’aggressione sia avvenuta al grido di “Allah Akbar”, come conferma lo stesso Santilli: «La cosa inquietante è che l’aggressione, particolarmente violenta – al poliziotto sono stati certificati più di 30 giorni di prognosi nonché ingessatura e collare cervicale – è stata posta in essere al grido di ‘Allah Akbar’». L’intervento tempestivo di altri agenti in servizio ha impedito che la situazione degenerasse ulteriormente: «Solo l’immediato intervento di altri Baschi azzurri ha fermato la furia dell’uomo».
Per il rappresentante sindacale si è oltrepassato un limite. La violenza fisica si somma a un clima ormai esasperato, fatto di minacce verbali, insulti continui e tensione crescente: «Così non si può più lavorare – sottolinea Santilli – oltre alle continue minacce verbali e agli insulti, ora dobbiamo anche registrare il richiamo alle parole d’ordine di un fondamentalismo islamico becero e violento».
A prendere posizione è anche il segretario generale del Sappe, Donato Capece, che da tempo lancia l’allarme sul rischio radicalizzazione all’interno degli istituti penitenziari italiani. «La minaccia terroristica di matrice internazionale – afferma – è ormai da tempo accostata alla considerazione che le carceri possano costituire un bacino di reclutamento importante». Secondo Capece, il problema non riguarda solo la presenza di soggetti già radicalizzati, ma anche il potenziale di diffusione del fanatismo religioso tra detenuti vulnerabili, esposti alla propaganda jihadista.
«Un bacino agevolato – prosegue Capece – oltre che dal massiccio affollamento degli istituti penitenziari anche dalla mancanza di punti di riferimento esterni». In altre parole, chi si trova in carcere, isolato e privo di riferimenti, può essere facilmente attratto da ideologie estremiste. A questo si somma il peso delle condizioni di disagio e fragilità psicologica, che possono rendere più permeabili le menti dei detenuti a certe suggestioni.
«A ciò si aggiungono le condizioni di disagio e vulnerabilità – aggiunge ancora Capece – che possono incidere in maniera preponderante su suggestioni derivanti dalla propaganda jihadista. Da qui al rischio radicalizzazione il passo è davvero breve».
L’aggressione di Vercelli è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di eventi critici che, secondo il sindacato, mettono quotidianamente a rischio l’incolumità degli agenti. Il Sappe chiede da tempo misure concrete per contrastare il fenomeno, a partire da un rafforzamento della sicurezza nei reparti detentivi ospedalieri, fino a un monitoraggio più incisivo sui detenuti potenzialmente pericolosi per radicalizzazione religiosa.
Carcere di Vercelli. Immagine di repertorio.
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