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Cronaca

Protesta contro un allevamento intensivo: al pronto soccorso due attiviste

Tensione ad Arborio per il maxi-allevamento da 275.000 galline. Intervenute le forze dell'ordine

Protesta contro un allevamento intensivo: al pronto soccorso due attiviste

Protesta contro un allevamento intensivo: al pronto soccorso due attiviste (immagine di repertorio)

Il caldo torrido e le manganellate non hanno fermato la protesta, ma hanno lasciato strascichi pesanti. Ad Arborio, in provincia di Vercelli, è bastato un presidio pacifico davanti al cantiere del nuovo allevamento intensivo da 275.000 galline ovaiole per far scattare una reazione repressiva che solleva più di un interrogativo: questa è la denuncia degli attivisti. Il sit-in, iniziato sabato 28 giugno e promosso dal collettivo Galline in Fuga, mirava a denunciare la costruzione di un impianto di enormi dimensioni, passato sotto silenzio fino a poche settimane fa e noto alla popolazione solo attraverso la stampa locale.

Fin dalle prime ore del mattino, le Forze dell’Ordine si sono presentate sul posto, ritirando i documenti delle venti manifestanti e trattenendoli per ben nove ore. Non solo: sono stati sequestrati acqua e ombrelloni, lasciando le attiviste esposte per tutta la giornata al sole cocente, in una giornata con temperature attorno ai 35 gradi. Una delle partecipanti è stata portata in ospedale in stato di disidratazione, mentre altre hanno resistito fino alla giornata successiva nonostante il caldo e l’assenza di generi di prima necessità.

La protesta

Domenica 29 giugno, la situazione è degenerata ulteriormente. La via di accesso al cantiere è stata presidiata dagli agenti, che hanno minacciato di sequestrare l’auto a chiunque tentasse di portare acqua o cibo. A fronte di quello che è stato definito un vero e proprio assedio, due attiviste hanno iniziato uno sciopero della fame e chiesto l’intervento del 118. Ma, secondo la loro versione, gli agenti hanno sottratto loro i telefoni per impedire la documentazione dei fatti, le hanno ammanettate con violenza e una di loro è stata portata in ospedale solo dopo l’identificazione forzata.

Nei documenti notificati non si fa cenno alla privazione dell’acqua, né alla violazione dei diritti minimi che le attiviste denunciano. Tutte le partecipanti sono state successivamente rilasciate, ma a loro è stato notificato un foglio di via immediato da Arborio e Vercelli per tre anni.

Resta la domanda più scomoda: a chi giova tutto questo? Perché un simile spiegamento di forze per difendere l’immagine di un’azienda privata e silenziare con la forza un presidio non violento? Il maxi-allevamento della ditta Bruzzese, che sta sorgendo senza alcuna consultazione pubblica, è ora al centro di un caso che non riguarda solo la filiera delle uova, ma la libertà di espressione e la legittimità della protesta ambientale.

L'intervento delle forze dell'ordine

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