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Cronaca
28 Giugno 2025 - 18:33
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La fuga di Osama Almasri, ufficiale libico accusato di crimini contro l’umanità, non è stata un incidente diplomatico né un errore giudiziario. È stata, secondo Mediterranea Saving Humans, una vera e propria fuga di Stato, pianificata e realizzata dal governo italiano per sottrarre l’ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli alla giustizia internazionale.
Lo afferma, senza mezzi termini, una nota durissima del network umanitario, che richiama le gravissime accuse formulate dalla Procura della Corte Penale Internazionale nei confronti dell’esecutivo italiano. L’Italia, si legge, “ha ostacolato il lavoro della giustizia internazionale, impedendo consapevolmente la consegna di Almasri alla Corte dell’Aja”. Un’accusa pesante, che – se confermata – getterebbe ombre inquietanti sul rispetto degli obblighi internazionali da parte del nostro Paese.
Il 19 gennaio 2025 Almasri viene arrestato a Torino dalla DIGOS. Ex comandante delle Forze speciali Rada e direttore del famigerato carcere di Mitiga – descritto da diverse organizzazioni internazionali come un lager libico – su di lui pende un mandato d’arresto internazionale emesso dalla Corte dell’Aja per crimini di guerra e crimini contro l’umanità: torture, stupri, omicidi, persecuzioni sistematiche ai danni di migranti e oppositori politici. Una figura centrale del sistema repressivo libico, che per anni ha esercitato un potere assoluto nel Paese con la complicità del governo riconosciuto di Tripoli.
Ma in Italia rimane in carcere solo due giorni. Il 21 gennaio, la Corte d’appello di Roma dispone la sua scarcerazione per un presunto vizio formale: manca, si sostiene, l’autorizzazione del Ministero della Giustizia. E così, senza attendere alcuna pronuncia della giustizia internazionale, Almasri viene accompagnato all’aeroporto militare di Ciampino e riconsegnato alla Libia a bordo di un volo di Stato italiano, da uomo libero, tra bandiere tricolori, strette di mano e sorrisi diplomatici.
Mediterranea definisce questo gesto una vergognosa protezione accordata a un criminale internazionale e chiede che il Tribunale dei Ministri di Roma, preso atto delle evidenze accertate dalla Corte Penale Internazionale, chiuda senza indugi le indagini per favoreggiamento nei confronti dei ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, del sottosegretario Alfredo Mantovano e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
La nota accusa apertamente questi esponenti del governo di aver orchestrato la fuga di Almasri, anteponendo la ragion di Stato alla giustizia, per salvaguardare rapporti strategici con la Libia. Rapporti nei quali – sostiene Mediterranea – i diritti umani vengono sistematicamente calpestati.
I documenti della Corte dell’Aja e delle Nazioni Unite descrivono Mitiga come un inferno in terra. Migliaia di migranti e oppositori sono stati trattenuti senza processo, sottoposti a torture, stupri, pestaggi, privazioni, esecuzioni. Un luogo dove il diritto è stato sospeso e l’impunità elevata a sistema. Eppure, Almasri, l’uomo che dirigeva quel centro di detenzione, è tornato a Tripoli da uomo libero, grazie – denuncia Mediterranea – a una decisione politica del governo italiano.
Il ministro Nordio
Ma il caso Almasri non è un’eccezione. Per Mediterranea è solo il sintomo più eclatante di una strategia consolidata, figlia del memorandum Italia-Libia, quell’accordo bilaterale che da anni alimenta una macchina disumana fatta di respingimenti, omissioni di soccorso, lager, violenze sistematiche, morti invisibili nel Mediterraneo. È in questo contesto, e non altrove, che si colloca la scandalosa liberazione di Almasri.
Per questo, conclude la nota, “pretendiamo che il Parlamento italiano faccia piena luce su quanto accaduto. Che si apra una discussione onesta e trasparente sul memorandum Italia-Libia. Che venga smascherato un sistema di alleanze criminali che tradisce i principi della nostra Costituzione e del diritto internazionale”.
La verità e la giustizia – ammonisce Mediterranea – non possono essere sacrificate per proteggere un criminale di guerra né per compiacere governi complici. Ora la giustizia deve fare il suo corso. Anche in Italia.
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