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Cronaca
28 Giugno 2025 - 12:40
È una rivendicazione dai toni netti, violenti e ideologici quella comparsa su un sito di area anarchica dopo l’incendio doloso delle due auto della Polfer parcheggiate davanti alla sede della Polizia ferroviaria di Rimini, nel piazzale interno dello scalo nord. L’episodio, avvenuto alle prime luci dell’alba del 20 aprile 2023, ha subito assunto un significato politico e dimostrativo, come conferma oggi la Questura di Bologna, che ha diffuso i contenuti del messaggio pubblicato online e annunciato un’ampia operazione di perquisizione condotta in sei province italiane.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, due persone incappucciate sarebbero state riprese dalle telecamere presenti nell’area pochi istanti prima del rogo. Le fiamme hanno danneggiato due mezzi di servizio della Polfer, e si sono sviluppate a ridosso dell’ingresso della sede, lasciando un chiaro messaggio intimidatorio.
Ma è il contenuto della rivendicazione online a rendere esplicite le motivazioni dell’attacco: «Si è scelto di attaccare con il fuoco la Polizia ferroviaria, misera appendice della Polizia di Stato», si legge. Un testo che definisce gli agenti “addetti all’infame compito della salvaguardia della sicurezza in ambito ferroviario” e che li attacca nel loro ruolo di “guardiani dei confini di Stato”, con un chiaro riferimento alle attività di controllo sui migranti e le persone senza documenti. Proprio queste azioni di monitoraggio vengono indicate come uno dei motivi centrali dell’azione: un “serio ostacolo per chi vuole muoversi liberamente”.
Nel testo viene anche sottolineata la scelta del luogo: “proprio sotto casa loro”, cioè davanti alla sede della Polfer, come dichiarazione simbolica e sfida aperta. Una firma chiara, che non si limita al fatto ma lo carica di messaggi e solidarietà.
Infatti, nella seconda parte della rivendicazione, viene espresso sostegno a noti esponenti dell’area anarchica internazionale, con una lista di nomi che comprende i cileni Monica e Francisco, e gli italiani Anna, Juan, Aldo, Lucas, Ivan, Zac. Non manca nemmeno il riferimento ai detenuti al 41 bis, tra cui Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi e Marco Mezzasalma, definiti come prigionieri da «17 anni sottoposti al regime di isolamento».
La risposta dello Stato non si è fatta attendere. La Direzione centrale della Polizia di prevenzione, in coordinamento con le Digos di Bologna, Forlì-Cesena, Rimini, Milano, Torino e Lucca, ha disposto 15 perquisizioni su tutto il territorio nazionale, alla ricerca di collegamenti con l’episodio e per individuare i responsabili materiali dell’atto incendiario.
Si tratta di un’operazione che va oltre il singolo rogo: punta a mappare e contenere le dinamiche più radicali dell’anarchismo insurrezionalista, soprattutto laddove queste si trasformano in azioni dirette contro obiettivi dello Stato, come le forze dell’ordine o le strutture giudiziarie.
Resta aperta l’indagine sull’identità dei due incappucciati ripresi nei filmati, così come sull’origine degli ordigni utilizzati. Al momento, l’ipotesi di reato è attentato incendiario con finalità eversiva, ma non si esclude l’inquadramento dell’azione all’interno di un disegno più ampio di pressione politica e ideologica da parte di gruppi legati alla galassia anarchica.
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